di Angelo Marazzita
Parlare
di radici cristiane, quelle cui il titolo allude e quelle che non sono state
riconosciute nel preambolo della costituzione europea, è fondamentale se si
ha a cuore lo sviluppo di una “convivenza europea”. Il volumetto è l’insieme
di due discorsi romani dei due autori, seguiti da una lettera di Pera a
Ratzinger e viceversa.
Nella
prima parte Pera descrive la nostra relazione con l’islam ed alcune
posizioni sui cui si è arroccato l’Occidente. “L’Occidente è paralizzato
perché non ritiene che ci siano buone ragioni per dire che esso è migliore
dell’islam e perché ritiene che, se queste ragioni ci fossero, allora
dovrebbero scontrarsi con l’islam.”
Passando
dalla descrizione del sintomo politico alla causa culturale, Pera dettaglia
il relativismo che predica l’equipollenza dei valori o l’equivalenza delle
culture: il timore di operare delle scelte induce i cristiani ad affievolire
la fede, ad essere più arrendevoli, piuttosto che rischiare un conflitto. Il
trionfo del relativismo è tale che “ci fa credere che non c’è niente per cui
valga combattere e rischiare”.
Con
amarezza arriva a sostenere che “soffia sull’Europa un brutto vento. Si
tratta dell’idea che basta aspettare e i guai spariranno da soli, o che si
può essere accondiscendenti anche con chi ci minaccia e potremmo cavarcela.
E’ lo stesso vento di Monaco nel 1938.”
Ratzinger,
nella seconda parte del libro, dopo aver chiarito che il concetto geografico
delle Europa è del tutto secondario, passa in esame il concetto di Europa da
un punto di vista culturale e storico. La svolta verso l’epoca moderna si ha
con la conquista di Costantinopoli, nel 1453, da parte dei turchi, perché la
cultura greco-cristiana, europea, di Bisanzio ebbe fine. Le svolte storiche
che seguono sono la dissoluzione del vecchio continente mediterraneo;
l’interna divisione dell’Europa in un mondo germanico-protestante e un mondo
latino cattolico, una divisione che si riproduce in America; la Rivoluzione
Francese.
In
sintesi, nasce la divisione tra cristiani e laici perché da questo momento
“la storia non si misura più in base ad un’idea di Dio ad essa precedente e
che le dà forma, ma lo stato viene inteso in termini puramente secolari,
fondato sulla razionalità e sul volere dei cittadini … e viene dichiarato
Dio come questione privata, che non fa parte del vita pubblica e della
formazione democratica della volontà pubblica.”
A questo
punto è lecito chiedersi come si può venir fuori da questo groviglio? Quale
futuro è possibile pensare per l’Europa?
Il
Cardinale Ratzinger individua due tesi contrapposte. La prima è di Oswald
Spengler (tesi biologistica), il quale credeva “di poter fissare per le
grandi espressioni culturali una specie di legge naturale: nascita, crescita
graduale, fioritura di una cultura, lento declino, invecchiamento e morte.”
A questa tesi si oppone quella di Arnold Toynbee, cioè la crisi
dell’Occidente è il secolarismo: dalla religione si è caduti nel culto della
tecnica, della nazione, del militarismo e per riacquistare la propria
identità punta “sulle forze delle minoranze creative e sulle singole
personalità eccezionali”.
Ratzinger
è propenso per questa seconda tesi, ovvero che il destino di una società
dipende sempre da minoranze creative. Sostiene infatti che “i cristiani
credenti dovrebbero concepire se stessi come una tale minoranza creativa e
contribuire a che l’Europa riacquisti il meglio della sua eredità e sia così
a servizio dell’intera umanità”.
Pera, nel
condividere la necessità di “minoranze creative”, auspica che l’opera di
rinnovamento venga fatta insieme da cristiani e laici. A tal fine necessita
una “religione civile”, una religione cristiana non confessionale, con più
monaci che funzionari della fede, con più praticanti che predicanti.
Ratzinger,
nel confrontarsi con questa proposta, evidenzia alcune ambiguità.
Innanzitutto questa “religione civile” non può rappresentare soltanto un
riflesso delle convinzioni della maggioranza, ma deve essere sorgente di
forza spirituale. Si pone pertanto la questione di chi alimenta queste forze
spirituali e si chiede quindi “come può l’Europa arrivare a una religione
civile cristiana che vada oltre i confini confessionali e rappresenti valori
che non siano di consolazione per l’individuo ma che possano sostenere la
società?” Escluso che siano degli esperti a creare un “ethos” mondiale,
Ratzinger individua nelle “minoranze creative” la svolta, perché “qualcosa
di vivo non può nascere che da una cosa viva.”
E’ questa
la parte più affascinante e commovente del libro: le minoranze creative sono
delle minoranze convinte, cioè “uomini che nell’incontro con Cristo abbiano
trovato la perla preziosa, che dà valore a tutta la vita, facendo sì che gli
imperativi cristiani non siano più zavorre che immobilizzano l’uomo ma
piuttosto ali che lo portano in alto … Senza tali forze sorgive non si
costruisce niente.”
Come
credenti, cioè laici, non si può non sentirsi chiamati in causa. Come laici,
cioè non come preti o chierici o intellettuali autorizzati a parlare di cose
religiose, occorre testimoniare l’esperienza che si fa e che è suscitata dal
popolo cui si appartiene.
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