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di Carmelo Cordiani
Il
peso della solitudine si fa sentire nei giorni della
sofferenza. Troviamo molti amici disposti a condividere il
nostro benessere, pochissimi ad interessarsi del nostro
dolore. Si soffre da soli; il dolore appartiene a chi è
colpito; gli altri ti passano accanto distratti. I luoghi di
divertimento si affollano, quelli della sofferenza restano
deserti.
Gesù ha
conosciuto il dramma della solitudine. La folla è rimasta
solo il tempo dello spettacolo crudele. Poi, per
Gesù morente in croce, solo sua Madre, qualche
donna, il discepolo prediletto. Aspettavano, impotenti, che
si spegnesse l’ultima fiammella di vita, che avesse fine
lo strazio della crocifissione, per onorare il cadavere.
Toccò al coraggioso Giuseppe d’Arimatea chiedere al
rappresentante di Cesare il corpo di Gesù, deporlo dalla
croce per il rito della sepoltura.
Quanti
crocefissi, oggi, nelle nostre comunità! Quanti fratelli
soffrono, in silenzio, da soli, nelle nostre case, nelle
corsie degli ospedali! Quanti sanno che la fiammella della
propria esistenza sta per spegnersi! Fuori la vita continua,
quella vita di cui hanno assaporato momenti felici, per cui
hanno impegnato le migliori energie, vissuta con entusiasmo
e coraggio. Ora scende inesorabile la notte e, con essa, la
consapevolezza di dover lasciare tutto. Una mano amica che
li sostenga in questo a tu per tu con l’inevitabile
appuntamento, che faccia sentire fino all’ultimo il calore
delle persone care e degli amici, una parola che li
conforti, che dia la forza del distacco, l’illusione,
anche, di non essere soli.
A Gesù che
ha vissuto momenti esaltanti tra la folla che lo acclamava,
ma è rimasto solo morente in croce, chiediamo di compiere
Lui il gesto generoso e coraggioso del giovane d’Arimatea,
entrando nelle nostre case, negli ospedali, dovunque il
dolore rende indesiderata la vita, per dare speranza, per
offrire uno spiraglio di luce e porgere la sua mano,
togliendo dalla croce le persone che Lui ha redento.
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