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di Carmelo
Cordiani
Cosa
sono “ i cazi” ? Facile: i pantaloni. Poco da meravigliarsi, se
altrove si chiamano “braghe”. “Azzi”, poi, è un suffisso. Certo, anche
il dialetto galatrese, come ogni dialetto, ha la sua grammatica, con i
suoi diminutivi ( casiceda, figghicedu, mammiceda...)
[1], e i suoi
accrescitivi ( pagghiuni, cantuni, boffettuni...)
[2]. Azzo al
singolare, come suffisso, oltre ad essere accrescitivo, aggiunge
qualcosa che qualifica il nome. Come dire bonaccione, pacifico, che
lascia fare, disponibile, comprensivo. Più o meno.
A
Galatro, di CAZAZZI, ce n’è uno solo, inconfondibile, facilmente
identificabile. E’ proprio lui: Bruno Marazzita, il maestro Bruno
Marazzita, per venticinque anni, più due, sindaco.
Fu
eletto giovanissimo, appena ventisettenne, nel 1960 e ci rimase fino
al 1985. Ci ritornò nel 1990, ma ebbe, come sindaco, breve vita per
via di quelle leggi che, a seconda di chi le manipola, annullano o
convalidano le elezioni.
Chi
scrive, lo ha conosciuto in una circostanza del tutto particolare:
L’incoronazione della statua della Madonna della Montagna, all’epoca
parrocchia. Andava in giro su una seicento decappottabile, con annesse
due trombe di altoparlanti e la scritta Marelli, come un cronista che
segue il giro d’Italia. Già allora non riusciva a tenere la camicia
dentro i pantaloni. Ogni tanto se l’aggiustava infilandosela con la
mano sinistra e tirando su il resto con la destra. Gesto che ripete
ancora e ripeteva durante i comizi, in campagna elettorale. Ecco
spiegato il “CAZAZZI”. Non è che gli vanno larghi. Gli cadono spesso
ed è costretto a ripetere il gesto della sinistra e della destra.
E'
un fatto: A Galatro, è un personaggio. Ha lasciato la sua firma in un
vasto cantiere, checché ne dicano i suoi avversari politici o quelli
che ha “sistemato”, molti davvero, e che non l’hanno votato. Basta
fare riferimento alle Terme. Una creatura rigenerata dalla sua
amministrazione, allevata con amore, fantasia, prospettive. Oggi ha
cambiato i connotati. Si spera che, almeno qualche cellula conservi il
DNA di Galatro. E poi la
casa di riposo per
anziani (
poverina, com’è ridotta nonostante i ripetuti “ritocchi”
dall’ottantacinque in poi ), l’ostello
della gioventù,
invecchiato senza che un giovane vi abbia dormito una sola notte!
Ma non è del politico CAZAZZI che voglio occuparmi. Mi hanno tacciato per “marazzitiano” e
rischierei di darne conferma. A meno che essere “marazzitiano” non
significhi stimare una persona per quello che è, pregi e difetti
compresi, a differenza di altre che, non avendo pregi e difetti,
finiscono per essere stimate poco. Trovare, oggi, persone con soli
pregi? “ Ma mi faccia il favore”!
E',
invece, dell’uomo CAZAZZI.
Maestro
elementare in pensione, appassionato di elettronica, spiccata
passione per l’esotico. Il mio primo contatto con gli alunni risale
all’ottobre del 1961, nella sua pluriclasse di Santa Maria Di
Palangadi, contrada del comune di Galatro. Lo accompagnai non avendo
altro da fare. Gli piaceva parlare con qualcuno, e gli piace ancora.
Dopo un’oretta di lezione entrò in classe un vecchietto, un certo
Tomasi. Uscirono insieme per verificare la possibilità di utilizzare
un filo d’acqua che fuoriusciva da una falda. Mi pregò di badare agli
alunni e ritornò che era già ora di chiudere. Esperienza simile capitò
un’altra volta ad un esattore delle imposte: “Aspettate un momento
che torno subito”. S’era fatto mezzogiorno ed il povero esattore non
sapeva più cosa fare con quella classe. Capitai per caso. “Ho fatto
due dettati, tre problemi, hanno letto tutti. Il maestro mi ha detto
di aspettare un attimo. Dalle otto e trenta si sono fatte le dodici e
non è ancora ritornato...”. Era sindaco. Una capatina al Comune, breve
nelle intenzioni, si poteva protrarre anche per tutto il pomeriggio.
Povero esattore! Non ci ha provato più ad andare a scuola per parlare
col sindaco.
Appassionato
di elettronica ancora oggi. Dalle radio a galena ai microprocessori
conosce tutto. Anche in questo campo emerge CAZAZZI. Negli anni
sessanta andava in giro con una seicento su cui spiccava : MAGNADINE.
Ci avesse guadagnato una lira! Eppure aveva clienti anche a Reggio e
dintorni. Quante antenne abbiamo installato! Ricordo un’avventura a Carolei, sull’unica strada per Cosenza. Si ruppe la cinghia della
ventola e si rimase in attesa di qualche passante. Cominciò a
nevicare. Dopo tanto provvidenzialmente spuntarono due poliziotti in
motocicletta che provvidero a mandarci un meccanico. Non solo non ci
guadagnò una lira, ma ne perse tante. Era CAZAZZI e la gente
dimenticava di pagare. Non parliamo degli interventi da tecnico! “Poi
ci vediamo”, era la solita risposta a riparazione finita. Ancora
devono vedersi. Chiuse l’attività commerciale, ma non perse la
passione per l’elettronica. L’ultima trovata è di qualche mese fa. Mi
telefonò per dirmi di sintonizzarmi su una frequenza TV. Aveva
costruito una emittente. E mandò in onda, a Galatro,
una commedia che gli alunni della scuola media avevano messo su a fine
anno scolastico. Ricordo le trasmittenti radio che costruiva con pezzi
smontati da vecchi catorci. E come se funzionavano! Ma finivano come i
giocattoli in mano dei bambini. Una volta raggiunto l’obiettivo non ci
prendeva più gusto. La stessa fine fece il distillatore
su una vecchia cucina a gas. Sorbe a macero dovunque, odore acre di
grappa, veramente buona, ma dopo qualche mese l’hobby finì. Anche l’aeromodellismo
lo appassionò. Tutto perfetto. Il piccolo aereo decollò nello spazio
dietro la chiesa, fece ampie volute telecomandato, atterrò e chi s’è
visto s’è visto.
E
la fotomania? Macchine fotografiche d’ogni tipo, acidi, camera oscura,
ingranditore, carta... Persino la stampa a colori, tutto con il “fai da
te”.
Altra
passione: il gusto per l’esotico. E qui qualche grossa fregatura
se l’è presa. Pazienza! Perché bisogna dire che, di pazienza, ce n’ha
proprio tanta. Pazienza nel sopportare e combattere contro quella
bestia di asma allergica che si porta dietro da ragazzo; pazienza
nell’ingoiare le tante amarezze dell’esperienza politica: esaltato,
umiliato, criticato, corteggiato quando si trattava di favori. I
bocconi più amari glieli preparavano, naturalmente, gli amici. “Il tempo, mi disse
spesso, farà vedere persone e cose come realmente sono”.
"La
c’è la Provvidenza” mi ripeteva nei momenti bui. Una frase di
manzoniana memoria che, chissà perché, detta da lui mi ha toccato più
di quanto avesse fatto Renzo all’epoca. Perché bisogna dire che, pur
non essendo un paucciano, di fede ce n’ha. E sa anche commuoversi,
senza dare all’occhio. L’ho osservato in qualche circostanza. Si
capiva che, dentro, ribollivano i suoi sentimenti, qualcosa si
agitava. Apparentemente impassibile, con l’inconfondibile colpettino
di tosse. Ma proprio quel colpettino tradisce l’emozione che si vuol
tenere per sé.
Testardo,
anche. Ma è un vizio di famiglia. Se si mette in testa un obiettivo
non c’è verso di farlo andare in altra direzione. E non ha paura né di
parlare, né di agire. Le cose storte non gli vanno. Proprio come gli
uomini con gli attributi a posto.
Toccò
a me il discorsetto di rito al momento di lasciare la scuola. Riesumai
vecchi ricordi e ci misi un po’ d’ironia per sdrammatizzare.
Attraversava, allora, un momentaccio. Provò a ringraziare, ma le
lacrime gli smorzarono la voce. Troncai netto, dicendo che era stato
più eloquente in quel modo.
Da
pensionato, qualche sera ci incontriamo alla solita panchina in
piazza. Di pettegolezzi nemmeno per sogno. Non gli vanno. E
nemmeno a me. Spesso si cade nel classico, ricordando i vecchi autori
che ci hanno formato. E non manca quel simpatico don Abbondio che
veniva sempre per ultimo e al quale nessuno badava. Roba d’altri tempi e
che, non si sa perché, ti viene spesso nei discorsi.
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