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di
Carmelo Cordiani
(N.B.: per vedere
le foto fai click sul
testo sottolineato)
Il Presepe! Un quadretto così semplice, così facile da comporre,
adatto ai piccoli e ai grandi, una pagina della nostra storia ricca di
stimoli e di emozioni.
I
ricordi della mia generazione sono, in parte, legati al presepe. Al
tempo si faceva a gara, si sceglieva l’angolino più suggestivo della
casa, si andava in cerca del muschio più soffice, si raccoglievano i
ciottoli più levigati lungo il fiume Metramo. Non c’erano le serie
luminose e intermittenti che aggiungono un tocco magico all’insieme,
fatto di paesaggi ricostruiti, di profili di montagne sullo sfondo, di
ciuffi di capelvenere in primo piano, di strisce di stagnola che
riproducevano ruscelli, di pastorelli in marcia verso la mitica
capanna. I Re Magi si aggiungevano in seguito, perché venivano da
molto lontano e ci voleva tempo perché raggiungessero il sentiero che
portava a Betlemme.
Pezzo eccezionale era, per tutti,
“ u
‘ncantatu d’a stida”,
immobile, con il palmo della mano sugli occhi rivolti verso l’alto, a
fissare quella stella dalla chioma di spuma, soffice, tanto luminosa e
misteriosa da incantare il generoso personaggio. Averlo era una
fortuna. Rispetto agli altri pezzi, costava di più. E i soldi, allora,
erano pochi. Lo si collocava bene in vista, sopra un piccolo rialzo
ricavato da una pietra ricoperta di muschio.
La
grotta! Un pezzo a parte, da inventare ogni anno. Corteccia di
quercia, cocci di tegole, pezzetti di canna accostati, ognuno
sceglieva con proprio gusto, ricavandoci il posto per deporre quel
Bambinello con le braccia tese, occhi azzurri, riccioli color oro, con
una tunichetta celeste. Accanto, in atteggiamento di preghiera, la Sua
Mamma e San Giuseppe, con l’immancabile bastone, inginocchiato. Dietro
il Bambinello, il bue e l’asinello, come vuole la tradizione. Sulla
grotta l’Angelo con la scritta : “Gloria in excelsis Deo”.
Molti anni sono passati. Il Presepe è andato in disuso, anche nelle
chiese. Dai Presepi monumentali, con i ruscelli veri in cui scorreva
acqua, dagli effetti di luce per ricreare l’alba, il giorno, la notte
con la volta trapunta di stelle, si è passati ad un “mini”, ma proprio
ridotto all’osso. Nelle case si preferisce l’albero di Natale,
l’immancabile abete, sacrificato dal nostro consumismo e che con la
festa non ha niente in comune. E’ come se celebrassimo con una pianta
di banane un evento successo in Norvegia. Ma tant’è, il mercato, pur
di vendere, ne inventa di tutto. Abete scintillante di nastri dorati,
argentati, ammantato di palline colorate, con un puntale luminoso. E
tanti doni ai suoi piedi. Ma sono doni per i bambini. I doni sotto
l’albero. I bambini li sognano e, poi, li scoprono. Vi trovano di
tutto, anche quello che avevano chiesto ai propri genitori, convinti
che sia stato Gesù Bambino a portarli. Gesù tanto povero che diventa
altrettanto generoso. Tutto si è rovesciato. Nel Presepe sono i
pastori a portare doni a Gesù. Anche l’immancabile pecorella a spalle.
Sotto l’albero è Gesù che depone i doni. Così credono i bambini. La
differenza sta nel fatto che Gesù era povero. I bambini di oggi sono
ricchi. E ricevono doni!
Quest’anno, però, sono stato attratto da una notizia che girava in
paese: “Visitate il Presepe nella biblioteca comunale”. E un giorno,
dopo il 25 dicembre, attrezzato anche di macchina fotografica, ci
andai. Una sorpresa per la simpatica bibliotecaria che mi accolse con
cordialità. Proprio all’entrata, al piano terra, a sinistra, attirava
l’attenzione un grande Presepe, costruito con gusto da
Peppino Trimboli, emigrato per tanti anni in Argentina e, da poco tempo,
rientrato. “Guarda un po’, mi sono detto, c’è voluto un emigrato per
farci rivivere l’emozione del Presepe”. Costruito con tanta pazienza,
proprio come un tempo, con muschio vero, con ciottoli del Metramo, con
ciuffi di capelvenere. Il tutto sotto una volta costruita con carta
lucida, sottile, tempestata di stelle. Piccolissime luci seminate in
abbondanza, intermittenti, dai colori vivi: arancione, rosso, azzurro,
giallo... E quelle bianche, anch’esse intermittenti, come tante
lucciole in una meravigliosa notte.
Sull’angolo destro, la grotta. La fantasia di Peppino ha superato se
stessa. Tutta in carta color roccia, proprio al naturale, con la
mangiatoia con tanto di paglia vera. Sulla paglia il Bambinello,
riscaldato dal bue e dall’asinello. In ginocchio la Madonna e San
Giuseppe. Una scena muta, ma che ogni visitatore faceva parlare a modo
suo. Anche io le ho dato voce, aggiungendovi “Tu scendi dalle stelle”.
Una riflessione breve, la mia, mentre scattavo qualche foto e
scambiavo due parole con la bibliotecaria e Peppino. “Gesù Bambino,
pensaci tu. Sei venuto a portarci la pace, ma preferiamo litigare
sempre e con tutti. Ci hai dimostrato che si può essere felici anche
con poco e ci tormentiamo per possedere sempre di più. Ci sono tanti
poveri come Te. Anzi, peggio di Te. Non hanno proprio niente. E non ci
sono bravi pastori che portano loro dei doni. Tu, in qualche modo, sei
stato fortunato. Qualcuno ti ha pensato. Perché non provi a farci
cambiare certe idee? Noi non ce la facciamo. Siamo immersi nel
benessere e siamo sempre insoddisfatti. Ci manca qualcosa. Ci manca la
serenità. Non sentiamo più la Tua voce che ci richiama alle cose
semplici, pulite, che lasciano la bocca dolce ed il cuore pieno di
gioia. Ci sentiamo soli e viviamo nella paura di quello che potrà
accadere. Peccato! Ci avevi regalato un mondo così bello e lo abbiamo
ridotto un letamaio. Pensaci Tu! Ridacci il gusto di costruire ancora
un Presepe, con il bue e l’asinello che ti riscaldano, con le casette
sparse sul muschio fresco e profumato, con la Tua mamma e San
Giuseppe, con i pastorelli in marcia verso la Tua grotta e
l’immancabile “ ‘ncantatu d’a stida” che guarda la stella cometa dalla
lunga chioma di spuma. Forse, seguendo quella stella troveremo la
risposta alle nostre preoccupanti domande”.
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