«Senza sorpresa, che Pasqua è?»

 
di Carmelo Cordiani



            Alle undici, puntuale, il parroco era già sull’altare e, con il segno di croce ufficiale, con “fratelli, prima di celebrare il sacro mistero”, iniziò la messa giorno di Pasqua. I ragazzi del coro parrocchiale erano seduti ai primi banchi, disposti in modo da rendersi disponibili per i canti in cartella, compreso il “Victimae pascali laudes” dopo la seconda lettura. Ci guardammo in faccia, presi un po’ contropiede da quella precisione di orologio svizzero, insolita, proprio mattina di Pasqua, dopo la notte di veglia fino alle ore piccole. Mi sedetti subito all’organo per intonare almeno il Kyrie eleison gregoriano, visto che era saltato il canto d’ingresso. Al Kyrie seguì il Gloria, sempre gregoriano. Poi, tra una lettura e l’altra, si poteva prendere un po’ di respiro e organizzarsi. E fu proprio tra questi brevi intervalli che, girandomi verso i ragazzi del coro, incrociai  gli occhi di San Nicola e ho avuto subito la sensazione che volesse dirmi qualcosa.

 

            Alla fine della messa, il parroco ci congedò col solito “andate in pace” che, è solo mia impressione, aveva più il sapore di “lasciatemi in pace”. Secco, senza aggiungere gli auguri che, solitamente  si fanno a Natale e Pasqua e senza una sola parola di ringraziamento per quanti avevano collaborato alla riuscita delle cerimonie. E tutti abbiamo risposto, come al solito, “rendiamo grazie a Dio”.

 

            “Anche questa è fatta”, abbiamo detto, tra le strette di mano, gli abbracci e gli auguri di ritrovarci, puntuali, alla prossima del 2004. Qualcuno si avvicinò alla porta della sacrestia per gli auguri al parroco, ma, vistala chiusa, quatto quatto, fece dietrofront, con le mani accostate come per dire “che ci vuoi fare?”.

 

            Anch’io stavo uscendo, con il pensiero alle tagliatelle fatte in casa, al capretto al forno, alle fettine di salame casereccio, al pezzettino di formaggio pecorino, con le olive farcite, qualche acciuga marinata, tanto per stuzzicare l’appetito che, a dire il vero, non manca. Trovando ingorgo il corridoio centrale della chiesa, girai di lato, proprio sotto l’altare di San Nicola.

 

            “Che fine hanno fatto i chierichetti”, mi disse subito.

 

            “Scusami, San Nicola. Per la fretta, stavo uscendo senza la solita giaculatoria. Sai, un po’ di fretta ce l’abbiamo tutti. Questa notte siamo andati a letto tardi. Tu sei in questa chiesa. Ma, nell’altra, dove si è celebrata la veglia pasquale, le cose sono andate per le lunghe. Pensa: Prima la benedizione del fuoco fuori della chiesa, poi l’ingresso con le candeline accese e il canto “lumen Christi”, poi le letture, il Gloria... A quattro voci dispari, mica ci siamo risparmiati!.”

 

            “E i chierichetti?”

 

            “Perché, non c’erano?”, risposi. “Non me ne sono accorto. Ero troppo occupato all’organo. E, poi, con quel leggio alto, non mi riesce di vedere bene l’altare”.

 

            “Non vorrai farmi credere che, durante tutta la messa, non ti sei accorto che mancavano i chierichetti!”.

 

            “Si vede che il parroco ha preferito fare tutto da sé”.

 

            “E perché? Cosa gli avete combinato? Hai sentito cosa ci ha messo nell’omelia?”

 

            “Si. Ha parlato di Cristo risorto. Ha citato San Paolo, si è soffermato sul valore del sacrificio di Cristo, della sua passione e morte e del capolavoro della sua risurrezione”.

 

            “Non cercare di sviare il discorso riferendomi quanto ha detto il parroco nell’omelia. Ti ho chiesto se hai capito cosa ci ha messo dentro l’omelia. Con chi ce l’aveva? Cosa gli avete combinato?”

 

            “Scusami, San Nicola. E’ vero che sei il Patrono, ma potevano risparmiarsi, almeno per la circostanza,  di raccontarti  i pettegolezzi . E’ Pasqua, festa di pace...”

 

            “Appunto. E la pace si mantiene con gli animi sereni, calmi, disponibili. Cristo è morto per portarvi la pace e voi litigate?”

 

            “Allora devo dirti che ti hanno informato male. E devo anche dirti che, quando vuoi, dall’orecchio sinistro senti bene. Quando vuoi passarci sopra dici di non sentirci”.

 

            “A cosa ti riferisci?”

 

            “A Giovedì Santo. Cosa c’entrava l’espressione : «I curudi v’i mangiati e i jiti?» Hai visto quanta gente? La chiesa era piena. Quella frase ci ha smontato. Possibile che la testa gli è sbattuta proprio lì? Non poteva lasciarsela dentro? Non sapeva trovare di meglio per raccomandare il silenzio, che già c’era, ed il raccoglimento, che c’era pure. Mi sa che, ogni tanto, se non scade in volgare, in dialetto, voglio dire, non sta bene”.

 

            “Ma, poi, nel complesso, è andato tutto bene. E notte di sabato?”

 

            “Io so solo che ha interrotto bruscamente l’omelia, dicendo che non poteva continuare e si è sbrigato in quattro e quattrotto. Pensa che, alle litanie dei santi, non facevamo in tempo a rispondere «prega per noi» che c’era subito pronto il santo seguente. Nemmeno su San Nicola, si è fermato.”

 

            “E perché doveva? Mi ha trattato come tutti gli altri. La legge è uguale per tutti. Io non mi sono offeso”.

 

            “E io si, se permetti. Ricordi quanto freddo abbiamo passato in questa chiesa per preparare i canti? Anche le litanie dei santi, cantate come si deve. Non abbiamo avuto il piacere di eseguirle”.

 

            “Dovresti essere contento. Infondo vi siete sbrigati prima. Pensa che tra litanie cantate, omelia al completo (e per la circostanza l’aveva preparata lunga!), Padre Nostro cantato... chissà a che ora vi avrebbe mandato a casa”.

 

            “ Lo sai che ci siamo tutti chiesto cosa poteva essere successo di tanto grave per cambiare registro di punto in bianco? Eppure non si sentivano vocii, schiamazzi, disturbi d’altro genere. Forse, dicevamo, gli son girate quando ha visto leggere alcuni che, a dire il vero, in chiesa non si vedono spesso. Ma era sempre l’occasione buona per iniziare. Forse si è accorto che qualcuno già sonnecchiava. Ma anche Cristo ha trovato i suoi discepoli addormentati e non li ha mandati a quel paese. Ha solo raccomandato loro di vegliare e di pregare. Né ha accorciato i tempi per consegnarsi a Pilato. Tutto si è svolto secondo i piani di Dio”.

 

            “E vuoi mettere i piani di Dio con quelli dei preti? Quelli divini sono irremovibili. Quelli dei preti cambiano. Anche loro sono soggetti alle tempeste ormonali. E quando arrivano, si salvi chi può.”

 

            “ San Nicola, mi sbaglio, o ti stai lasciando andare?”

 

            “ Hai ragione. Sai, mi sento male quando vengo a sapere che succedono cose che non dovrebbero accadere. Specialmente in chiesa. Io voglio che il paese che mi onora come Patrono sia civile, che le persone si rispettino e si vogliano sinceramente bene, che si salutino, che si scambino gli auguri... “

 

            “ E i miei, perché il parroco non li ha voluti?. E nemmeno quelli di tanti altri. Hai visto come ha sbattuto la porta alla fine della messa? Forse pensava che avrei insistito. Ma nemmeno per il c... “

 

            “ Calmati e non andare oltre. Sei in chiesa e hai fatto la comunione”.

 

            “ E per la prossima mi dovrò confessare. E adesso, se permetti, me ne vado. Stanotte ho dormito poco. E mi aspettano le tagliatelle, il capretto etc.”

 

            “Buon appetito”, concluse San Nicola.
 

 

Cordiani Carmelo: «Senza sorpresa, che Pasqua è?», di Carmelo Cordiani, 28 Aprile 2003

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