Il Maestro, il Sindaco Bruno Marazzita
San Bruno: Uno dei nostri
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di
Carmelo Cordiani
Qualche anno fa ci scherzai sopra. Si era presentata l’occasione di una visita, da parte di alcuni rappresentanti politici ed affini di Galatro, agli emigrati in Svizzera. Ci andò anche un cantante folk ed il boccone, per me, era troppo appetitoso per non decifrare IREC in Incontri Ricreativi Emigrati Calabresi. La data dell’incontro ufficiale cadde il cinque di ottobre. Sul mio calendario veniva riportata la commemorazione di San Gallo… “Peccato!, scrissi, per un giorno non ci scappò San Bruno che, almeno è uno dei nostri”.
Il Bruno al quale mi riferivo era l’ex Sindaco, Bruno Marazzita, collega ed amico. Con lui, ogni anno ci si scambiava gli auguri, per il compleanno e per l’onomastico. Il sei di ottobre, puntuale, gli telefonavo e gli ripetevo che, a stare come il Nostro San Bruno, immerso nel lago di Serra fino alla cintola, gli farebbe bene. Ci rideva sopra e si facevano due chiacchiere. Da vecchi amici di partito si parlava di come erano cambiate le cose. Calo di entusiasmo, assuefazione, disorientamento. “Bisogna fare qualcosa”, concludeva. Già! Cosa? Quando il cambiamento di cultura o, meglio, il livello di cultura scende troppo ci vuole tempo, molto tempo per tentare qualcosa. E il tempo, per lui, si è fermato. L’ultima telefonata, pochi giorni prima che se ne andasse, mi si è impressa nella memoria per la sua voce stanca, per le sue parole quasi incomprensibili sillabate a fatica. Si stava spegnendo una speranza di riprendere un vecchio discorso. E mi passavano veloci mille fotogrammi, dalle serate in cui si decideva di andare al cinema con la sua seicento, inconfondibile per le fiancate scritte MAGNADYNE. Solo lui aveva qualche soldo e ci pagava il biglietto. Rivedevo la sua casa piena di amici. D’inverno accanto alla ruota del braciere con l’asciugapanni e l’immancabile coperta sopra. Sua madre lo chiamava “Signurinu” e lui le rispondeva “Principessa”. Tante volte, ritornando da Reggio molto tardi, la vedevo stesa su una cassapanca, aspettando il suo “Signurinu”. Si arrabbiava un poco. Ma Bruno la accarezzava, metteva la mani in tasca e le diceva: “ Guarda quanti soldi ti do. Mille lire!” Venne il momento in cui sua madre lasciò per sempre quella casa diventata un punto di riferimento per Galatro degli anni settanta. Bruno non c’era. Venne con un mazzo di rose. Piangendo glielo pose accanto.
Tra i mille fotogrammi, qualcuno si fermò prepotente. Rividi Bruno smarrito, molto sofferente, con il volto tirato e gli occhi lucidi. Attraversava il periodo più buio, provava la delusione più amara. Non c’è sofferenza maggiore dell’innocente tacciato per colpevole. Sentiva il suo animo tranquillo per la generosità profusa a piene mani, ma avvertiva il vuoto dell’incomprensione più crudele. Gli sono stato vicino per quanto potevo riuscire a fargli ritrovare la forza che lo aveva sempre accompagnato, anche quando era arrivato ad un pelo dalla fine. Una forza che lo rimetteva presto in piedi e gli faceva dimenticare i guai della vita. Quella volta fu dura. Quando, in occasione del suo pensionamento, gli rivolsi due parole, nel Collegio dei Docenti riunito per testimoniare la stima di tutti i colleghi, tentò poche parole di ringraziamento, ma gli occhi gli si riempirono subito. Non l’avevo visto ancora piangere e mi accorsi della sua fragile umanità. Dentro era un bambino, desideroso di amicizia e di solidarietà. E ripensavo alle carezze che faceva alla sua Principessa, alla mano che frugava nel petto dicendole che le stavano crescendo, ridendo, felice, mentre Donna Maria, anch’essa con la tenerezza di mamma, gli prendeva il braccio dicendogli : “Scustumatu”.
Il sei ottobre 2004, per un mio particolare impegno, non sono passato davanti alla sua nuova casa per dirgli il solito “Ciao” e portargli il garofano bianco. Ci andai il giorno dopo, il sette. Guardando la foto al centro della lapide ho avuto l’impressione che mi anticipasse con il solito sorriso mentre pensavo di ripetergli che, ad immergersi fino alla cintola nel lago di Serra San Bruno, ci avrebbe trovato gusto. Rimasi qualche minuto ad osservarlo ed il pensiero diventò parola. “Quanta pena per la mia Galatro! Ho dimenticato le umiliazioni, le accuse, i dispetti. Vorrei parlare a quelli che hanno in mano il presente ed il futuro di questo bellissimo paese. Parlare con la serenità e l’onestà che domina questo luogo di pace. Parlare senza spirito di contraddizione, senza alcuna pretesa di stare all’opposizione, guardando tutti con gli occhi di un amico, senza rancori. Parlare per dire : Vogliate bene al paese di Galatro. Lavorate per il suo futuro, per la tranquillità dei tanti innocenti che si stanno aprendo alla vita, per ripopolare le strade dove tanti amici si incontrino per salutarsi, per affrontare insieme i problemi e risolverli come se fossero personali. Parlare perché si ponga fine all’esodo che sta trasformando Galatro in un deserto, senza vita, senza entusiasmo, senza prospettive. Parlare perché si mettano insieme tutte le risorse delle intelligenze. Tutte. Sono tante, ma come monadi isolate. Qui si è un cuore ed un’anima sola. Non c’è posto per il sospetto, per l’accusa, per le critiche sterili ed inutili. Il bene! Ecco: qui trionfa il bene. Ed è un patrimonio comune, perché o si sta tutti bene o nessuno sta bene”.
Mentre accennavo un
saluto, prima di andarmene, pensavo alla saggezza delle sue parole. “O
si sta tutti bene o nessuno sta bene”. E mi veniva in mente la
parabola del “ricco epulone”, ai tanti Lazzaro che aspettano le
briciole che cadono dalle tavole stracolme dei ricchi, ai volti
asciutti dei bambini affamati, ai loro occhi in cerca di speranza…
“Parlare!.. Hai ragione, caro Bruno. E’ necessario ed urgente parlare,
smuovere le coscienze, coinvolgere le persone perché cadano le
barriere che isolano, perché si riscoprano i valori che ci hanno
legato negli anni belli, perché Galatro si svegli, esca dal sonno
della ragione e riscopra la sua lucentezza di perla. Parlerò. Te lo
prometto”. |
Cordiani Carmelo - Bloc-notes: «Il Maestro, il Sindaco Bruno Marazzita. San Bruno: Uno dei nostri», di Carmelo Cordiani, Galatro (RC), domenica 10 ottobre 2004 |
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