Bloc-notes

Notre Dame de La Salette
 

LA BELLA SIGNORA 6 - LA PAURA DELL’ASCOLTO

 

Capita di assistere a discussioni chiassose dove le voci si sovrappongono, dove si urla, dove non riusciamo a capire di cosa si stia parlando perché gli interlocutori non sanno ascoltarsi. Ma perché si ha paura di ascoltare? Perché non sopportiamo che qualcuno ci metta in crisi?

 

 
 

di Carmelo Cordiani

 

 

            La “visione” spaventò i due ragazzi, tanto che la Madonna si è premurata di rasserenarli invitandoli ad avvicinarsi senza paura: “Avvicinatevi, figli miei; non abbiate paura”.

 

            La paura è un atteggiamento istintivo di autoprotezione, soprattutto in presenza improvvisa di eventi inattesi. I figli di Israele si spaventarono per i tuoni, lampi, una nube densa sul Sinai, un suono molto potente di tromba ( Es. 19,16 ). Gesù appare ai discepoli dopo la resurrezione e questi, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma (Lc. 24,36). Massimino e Melania stavano ritornando nel valloncello del Gargas per riprendere le loro sacche e non si aspettavano proprio di vedere un globo di luce. Rimasero immobili e impauriti, tanto che Massimino impugnò per bene il suo bastone pronto a difendere la compagna e se stesso. L’invito della Madonna ha tranquillizzato i due pastorelli.

 

            Ma la paura può anche tradursi in rifiuto, quando non siamo disponibili all’ascolto oppure quando tra noi e l’altro si frappone una barriera che ci vieta il confronto. Potremmo dire che oggi questo comportamento è di moda. Capita di assistere a discussioni chiassose dove le voci si sovrappongono, dove si urla, dove non riusciamo a capire di cosa si stia parlando perché gli interlocutori non sanno ascoltarsi. Predomina il proprio punto di vista, la propria opinione o la convinzione di avere in pugno la verità. Anche quando il moderatore concede la parola e, quindi, si ha il diritto civile di esprimersi, c’è chi interrompe subito senza sapere un’acca di quanto l’altro vorrebbe dire. “Mi lasci parlare, mi lasci finire, abbia la bontà di ascoltare…” Inutile insistere. Vi sono stati casi clamorosi in cui personaggi di un certo spessore, invitati a parlare, sono stati subito zittiti per paura che dicessero qualcosa che mettesse in dubbio le dichiarazioni di un altro. E non succede solo tra “politici” dove, per principio, gli interlocutori si contraddicono senza ascoltarsi, ma tra gente comune, tra noi, diciamo. Si ha paura di doversi ricredere, di vedere smontato, improvvisamente, un teorema che noi da tempo abbiamo costruito e al quale siamo legati con il vincolo della “verità”. Preferiamo la nostra cecità, anche di fronte a qualcuno che potrebbe farci un po’ di luce.

 

            Ma perché si ha paura di ascoltare? Perché non sopportiamo che qualcuno ci metta in crisi, e non riflettiamo abbastanza sul fatto che la “crisi” è la cartina di tornasole della nostra intelligenza e del nostro sapere. L’Ipse dixit rimase in piedi per secoli. Guai a metterlo in discussione. Si arriverà al 1500, successivo e conseguente del secolo dell’umanesimo, quando proprio un “nostro”, Bernardino Telesio, rischiando molto, mette in crisi l’intero sistema del “Maestro”, seguito, poi, da Campanella, da Bruno, con formazione e prospettive diverse. Dominava la “paura” di contraddire una filosofia che anche la chiesa aveva fatto propria con  Tommaso D’Aquino, così come gli antigalileiani si rifiutavano di guardare nel cannocchiale per non vedere le macchie del sole ritenuto “puro”. Si pensi che solo recentemente Papa Giovanni Paolo Secondo, ha messo fine ad un assurdo processo contro Galilei.

 

            Il sapere è un patrimonio dell’umanità non un monopolio. Quando il sapere si arrocca non solo perde vigore, ma diventa sterile e improduttivo. Perché il sapere cresca, si arricchisca, sia utile, deve diventare “tradizione”, da tradere, trasmettere, come il testimone nelle gare a squadra. Il contributo di ciascuno, per quanto  modesto, va raccolto anche dai “baroni”, come si raccolgono le sottili e minute pagliuzze d’oro che, messe insieme, diventeranno lingotti. Ascoltare anche la voce più debole, perché in ogni parola dell’uomo è nascosta una parte di verità.

 

            Ma c’è anche la voce riflessiva del verbo: Ascoltarsi! Sembra assurdo, eppure noi abbiamo paura di ascoltarci, cioè di entrare in noi stessi per conoscerci. E’ una barriera resistente perché significherebbe rivoluzionarci, rinunciare a tutto ciò che riteniamo inviolabile, rinnegarci in tante posizioni. Prevale il senso dell’acquiescenza per cui i peggiori nostri nemici siamo noi stessi. Non ci vogliamo bene e preferiamo che gli altri pensino di noi quello che noi non vogliamo pensare seriamente. Entrando in noi stessi metteremmo un po’ d’ordine. Ci accorgeremmo che molto è solo apparenza, che le nostre convinzioni poggiano su basi deboli, che il meglio è tutto da riconquistare, con umiltà, con semplicità, smontando quell’io inutile che ci rende insoddisfatti e, spesso, ci porta a comportamenti incoerenti.

 

            “Avvicinatevi, figli miei, non abbiate paura”. Avviciniamoci al messaggio della “Bella Signora”. ascoltiamolo, facciamolo nostro; avviciniamoci al prossimo che ha tanto da dirci; avviciniamoci a noi stessi, senza paura di doverci ricredere. Forse scopriremmo il vero “io”, più affascinante e più entusiasmante.

 

   

 

Cordiani Carmelo: «Notre Dame de La Salette. LA BELLA SIGNORA 6 - LA PAURA DELL’ASCOLTO. Capita di assistere a discussioni chiassose dove le voci si sovrappongono, dove si urla, dove non riusciamo a capire di cosa si stia parlando perché gli interlocutori non sanno ascoltarsi. Ma perché si ha paura di ascoltare? Perché non sopportiamo che qualcuno ci metta in crisi?», Galatro (RC),  9 Agosto 2010

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