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La “visione” spaventò
i due ragazzi, tanto che la Madonna si è premurata di
rasserenarli invitandoli ad avvicinarsi senza paura:
“Avvicinatevi, figli miei; non abbiate paura”.
La paura è un
atteggiamento istintivo di autoprotezione, soprattutto in
presenza improvvisa di eventi inattesi. I figli di Israele si
spaventarono per i tuoni, lampi, una nube densa sul Sinai, un
suono molto potente di tromba ( Es. 19,16 ). Gesù appare ai
discepoli dopo la resurrezione e questi, sconvolti e pieni di
paura, credevano di vedere un fantasma (Lc. 24,36). Massimino e
Melania stavano ritornando nel valloncello del Gargas per
riprendere le loro sacche e non si aspettavano proprio di vedere
un globo di luce. Rimasero immobili e impauriti, tanto che
Massimino impugnò per bene il suo bastone pronto a difendere la
compagna e se stesso. L’invito della Madonna ha tranquillizzato
i due pastorelli. |
Ma la paura può anche
tradursi in rifiuto, quando non siamo disponibili all’ascolto
oppure quando tra noi e l’altro si frappone una barriera che ci
vieta il confronto. Potremmo dire che oggi questo comportamento
è di moda. Capita di assistere a discussioni chiassose dove le
voci si sovrappongono, dove si urla, dove non riusciamo a capire
di cosa si stia parlando perché gli interlocutori non sanno
ascoltarsi. Predomina il proprio punto di vista, la propria
opinione o la convinzione di avere in pugno la verità. Anche
quando il moderatore concede la parola e, quindi, si ha il
diritto civile di esprimersi, c’è chi interrompe subito senza
sapere un’acca di quanto l’altro vorrebbe dire. “Mi lasci
parlare, mi lasci finire, abbia la bontà di ascoltare…” Inutile
insistere. Vi sono stati casi clamorosi in cui personaggi di un
certo spessore, invitati a parlare, sono stati subito zittiti
per paura che dicessero qualcosa che mettesse in dubbio le
dichiarazioni di un altro. E non succede solo tra “politici”
dove, per principio, gli interlocutori si contraddicono senza
ascoltarsi, ma tra gente comune, tra noi, diciamo. Si ha paura
di doversi ricredere, di vedere smontato, improvvisamente, un
teorema che noi da tempo abbiamo costruito e al quale siamo
legati con il vincolo della “verità”. Preferiamo la nostra
cecità, anche di fronte a qualcuno che potrebbe farci un po’ di
luce.
Ma perché si ha paura
di ascoltare? Perché non sopportiamo che qualcuno ci metta in
crisi, e non riflettiamo abbastanza sul fatto che la “crisi” è
la cartina di tornasole della nostra intelligenza e del nostro
sapere. L’Ipse dixit rimase in piedi per secoli. Guai a metterlo
in discussione. Si arriverà al 1500, successivo e conseguente
del secolo dell’umanesimo, quando proprio un “nostro”,
Bernardino Telesio, rischiando molto, mette in crisi l’intero
sistema del “Maestro”, seguito, poi, da Campanella, da Bruno,
con formazione e prospettive diverse. Dominava la “paura” di
contraddire una filosofia che anche la chiesa aveva fatto
propria con Tommaso D’Aquino, così come gli antigalileiani si
rifiutavano di guardare nel cannocchiale per non vedere le
macchie del sole ritenuto “puro”. Si pensi che solo recentemente
Papa Giovanni Paolo Secondo, ha messo fine ad un assurdo
processo contro Galilei.
Il sapere è un
patrimonio dell’umanità non un monopolio. Quando il sapere si
arrocca non solo perde vigore, ma diventa sterile e
improduttivo. Perché il sapere cresca, si arricchisca, sia
utile, deve diventare “tradizione”, da tradere, trasmettere,
come il testimone nelle gare a squadra. Il contributo di
ciascuno, per quanto modesto, va raccolto anche dai “baroni”,
come si raccolgono le sottili e minute pagliuzze d’oro che,
messe insieme, diventeranno lingotti. Ascoltare anche la voce
più debole, perché in ogni parola dell’uomo è nascosta una parte
di verità.
Ma c’è anche la voce
riflessiva del verbo: Ascoltarsi! Sembra assurdo, eppure noi
abbiamo paura di ascoltarci, cioè di entrare in noi stessi per
conoscerci. E’ una barriera resistente perché significherebbe
rivoluzionarci, rinunciare a tutto ciò che riteniamo
inviolabile, rinnegarci in tante posizioni. Prevale il senso
dell’acquiescenza per cui i peggiori nostri nemici siamo noi
stessi. Non ci vogliamo bene e preferiamo che gli altri pensino
di noi quello che noi non vogliamo pensare seriamente. Entrando
in noi stessi metteremmo un po’ d’ordine. Ci accorgeremmo che
molto è solo apparenza, che le nostre convinzioni poggiano su
basi deboli, che il meglio è tutto da riconquistare, con umiltà,
con semplicità, smontando quell’io inutile che ci rende
insoddisfatti e, spesso, ci porta a comportamenti incoerenti.
“Avvicinatevi, figli
miei, non abbiate paura”. Avviciniamoci al messaggio della
“Bella Signora”. ascoltiamolo, facciamolo nostro; avviciniamoci
al prossimo che ha tanto da dirci; avviciniamoci a noi stessi,
senza paura di doverci ricredere. Forse scopriremmo il vero
“io”, più affascinante e più entusiasmante.
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