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IL NATALE DI CARLETTO
Per un momento, gli sembrò che quella stella appesa sopra la grotta del presepe si slegasse lentamente e cominciasse a salire fino a raggiungere le altre nel cielo dove ci sono tutte le persone che non ci sono più sulla terra. Carletto cercava la mamma, non la vedeva ma sentiva la sua presenza con un calore nel suo piccolo cuore ed una carezza che gli sfiorava i capelli: che tenerezza, che letizia dell'altro mondo in questo mondo
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di Carmelo Cordiani
Andò a letto molto presto quella sera, Carletto. Gli avevano promesso che la mattina dopo lo avrebbero chiamato per la messa. Doveva ancora compiere nove anni ed era la prima volta che avrebbe partecipato alla messa della novena di Natale. Al tempo bisognava alzarsi molto presto. Non tutti avevano una sveglia; chi sentiva per primo i rintocchi delle campane passava di porta in porta per avvertire gli amici. Le strade non erano illuminate. La sera, prima di coprire il braciere con la cenere per mantenere qualche brace per l’indomani, si preparava un “tizzone” che, agitato a “zig-zag” serviva ad evitare le pozzanghere lungo il percorso verso la chiesa e a non inciampare nel selciato sconnesso. Una scena da favole, un ricamo variopinto di sottili fili di luce che, a volte, diventavano fiamma. Arrivati all’ampia scalinata del sacrato si abbandonava tutto perché dal finestrone della chiesa filtrava tanta luce da vederci bene.
Alle cinque in punto Debora, la sorella minore, si avvicinò al lettino di Carletto in punta di piedi per non disturbare il papà. Ma Carletto era già sveglio. Temendo di non essere chiamato aveva passato la notte svegliandosi di continuo, attento a qualche rumore che poteva provenire dalla strada. Tutto taceva fin quando non si avvicinò Debora. Ed in fretta fu pronto per uscire.
Man mano si riunivano i vari gruppi, imbacuccati negli ampi “sciarponi” per il freddo, sussurrandosi poche parole, come in una solenne processione. In chiesa, sul lato destro, il presepe, allora monumentale, con i pastori, la grotta, le pecore sparse sul prato di muschio, le massaie intente al lavoro: chi impastava il pane, chi “sciammarava” i panni, chi portava in testa un fascio di legna. Non mancava un rigo d’acqua che scendeva dalle montagne dello sfondo lungo un percorso ben visibile per il sottile letto rivestito di stagnola. In lontananza una statua raffigurante un pastore con il palmo della mano sulla fronte ed il volto rivolto verso l’alto: il caratteristico “incantato della stella”. E, poi, le casette illuminate all’interno, il ponte, il fuoco acceso in una delle tante grotte, con un pastore seduto e le mani tese verso la brace finta.
Quando il sacerdote entrava dalla sacrestia si intonava “Tu scendi dalle stelle”, anche se il Bambinello non era ancora accanto alla sua Mamma e a suo Padre. Lo si metteva, con un rito particolare e solenne, la notte santa, tra il ventiquattro ed il venticinque dicembre.
Per Carletto tutto sapeva di sogno. C’erano altri ragazzi della sua età, vicine alle loro mamme e si sentiva anche lui un figlio di quelle perché la sua era già volata in cielo da un pezzo. Non capiva niente di quello che il sacerdote diceva, ma sentiva dentro tanta gioia perché era convinto che ogni parola, allora in latino, aveva a che fare con il Bambinello che stava per nascere. Gli avevano raccontato che Gesù era nato in una stalla, in una notte fredda, ed era stato riscaldato da un bue ed un asinello. Non gli veniva da credere, ma provava tanta emozione immaginandosi quella grotta sotto un cielo disseminato di stelle. E, per un momento, gli sembrò che quella stella appesa sopra la grotta del presepe si slegasse lentamente e cominciasse a salire, a salire, a salire fino a raggiungere le altre facendole risplendere ancora di più con la sua lunga coda luminosa. Per istinto alzò gli occhi verso il soffitto della chiesa e gli parve di vedere veramente in cielo quella stella che non restava ferma come le altre, ma si muoveva, lenta, verso la sua destra. Gli avevano detto che nel cielo sono tutte le persone che non ci sono più sulla terra e ne cercava qualcuna. Non riusciva a vederla, ma sentiva la sua presenza con un calore nel suo piccolo cuore ed una carezza che gli sfiorava i capelli. Voleva chiederle cosa ci facesse tra le stelle e perché non gli stava accanto come le altre mamme che tenevano in braccio i loro figli con gli occhi semichiusi dal sonno. Provava a parlare, ma la voce non gli usciva. Un odore acre di incenso ed il canto “formarono i cieli” riportò in chiesa Carletto, in tempo per sentire il sacerdote che diceva: “Ite, missa est”.
Uscendo l’alba aveva rischiarato le strade e non servivano i tizzoni; ma si riprendevano lo stesso per l’indomani.
Rivolto alla sorella Carletto le chiese se l’avrebbe chiamato ancora, per tutta la novena, anche per la notte di Natale. Voleva vedere quel Bambinello accanto alla sua Mamma e al suo Papà, riscaldato dal bue e dall’asinello. La sorella mantenne la promessa anche per la notte di Natale. Com’era bello! Allora il Bambinello scendeva dall’alto, proprio come se venisse dal Cielo, perché la sua vera casa é il Cielo. E si chiedeva come mai, per nascere, aveva scelto una grotta. Glielo spiegò il suo papà. “Per amore degli uomini”, gli disse e per insegnarci che “le ricchezze non ci fanno felici”. Ma Carletto non capiva: “Perché, per amore, si deve nascere in una stalla e perché la ricchezza non fa felici?”, si chiedeva. Pensava ai ragazzi che, per Natale, potevano comprarsi tante cose; a quelli che ricevevano molti soldini dal papà, dalla mamma, dai parenti e avevano tanti giocattoli. Era anche lui contento, ma gli mancava qualcosa. Nemmeno l’odore delle bucce di mandarino sulle brace e l’intenso profumo dell’impasto di mosto cotto con fichi secchi, uva passa, noci, scorze di limoni e di arance era lo stesso di alcuni anni fa, quando a tavola c’erano tutti. Quel posto vuoto se lo portava nel cuore ed era convito che, un giorno, tutto sarebbe tornato come prima.
Quando, giorno di Natale, si svegliò si sentì diverso come se nella grotta del presepe, accanto al Bambinello, ci fosse anche lui, con la sua Mamma e il suo Papà, tra il bue e l’asinello.
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Cordiani Carmelo: «IL NATALE DI CARLETTO. Per un momento, gli sembrò che quella stella appesa sopra la grotta del presepe si slegasse lentamente e cominciasse a salire fino a raggiungere le altre nel cielo dove ci sono tutte le persone che non ci sono più sulla terra. Carletto cercava la mamma, non la vedeva ma sentiva la sua presenza con un calore nel suo piccolo cuore ed una carezza che gli sfiorava i capelli: che tenerezza, che letizia dell'altro mondo in questo mondo», Galatro (RC), 12 Dicembre 2010 |
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