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DACCI OGGI IL NOSTRO PANE
La nostra vita è diventata un accaparramento continuo di beni materiali, un’incetta quotidiana. Ma c'è un alimento che sazia, un’acqua che disseta in eterno, un cibo che dà sostanza
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di Carmelo Cordiani Nella preghiera che ci ha lasciato Gesù (Mt. 6, sgg) non sfugge una richiesta fondamentale per tutti, credenti e non: Il pane quotidiano a Dio Padre. Nel testo greco l’avverbio “semeron” viene tradotto “il giorno d’oggi”, in coerenza a quanto precedentemente insegnato (Mt. 6,34 ) in merito alle preoccupazioni della vita: “Non vi affannate, dunque, per il domani”.
La nostra vita è diventata un accaparramento continuo di beni materiali, un’incetta quotidiana senza tener conto di tanti segnali che Gesù ha voluto collocare nel nostro percorso terreno proprio in merito alle ricchezze. In Marco (10,23), dopo un breve colloquio con un giovane ricco Gesù, con un pizzico di amarezza, conclude:”Quanto difficilmente entreranno nel regno di Dio quelli che hanno ricchezze!”. In Luca (16, 19 e sgg) si riferisce del povero Lazzaro e del ricco epulone e si capisce quanto contano le ricchezze di questo mondo per entrare nel regno dei cieli.
E’ di questi giorni la tragedia del Corno d‘Africa: carestia, siccità, fame, malattie stanno falcidiano migliaia di esseri umani. I così detti paesi industrializzati sono occupati ad accumulare risorse economiche con speculazioni d’ogni genere, a navigare in un mare di pettegolezzi, a costruire armi, ad innalzare (si dice!) il livello di vita e si girano dall’altra parte davanti a bambini scheletrici, a mamme che cercano di spremere l’ultima goccia di latte per il loro cucciolo innocente, a gente che si trascina verso mete imprecisate con la speranza di trovare un piccolo spazio per sopravvivere. Assistiamo alla stessa scena del povero Lazzaro “bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco”. E la lezione si conclude quando il ricco, torturato dalle fiamme, chiede ad Abramo di mandare Lazzaro alla casa di suo padre per ammonire i suoi cinque fratelli a non fare la sua stessa fine: Le ricchezze non contano davanti a Dio. Ma conta moltissimo quel pane quotidiano che ci invita a chiedere. Il rifiuto sarebbe un’ingratitudine indegna di un Padre.
Un tempo, quando ci si sedeva a tavola, prima di iniziare a mangiare, si faceva il segno della croce e si recitava una breve preghiera per ringraziare il buon Dio del cibo che ci aveva elargito. Questo rito si è quasi estinto, anche tra quelle categorie che dovrebbero mantenerlo intatto e insegnarlo al cristiano, al posto di tante “ciance”. Si ha la convinzione che quanto esposto sulla tavola è frutto del nostro lavoro e non dobbiamo ringraziare nessun altro. I nostri figli crescono con gli occhi continuamente rivolti verso il basso, incapaci guardare in alto, perché nessuno insegna loro di cercare prima il regno dei cieli; il resto sarà dato in più.
Nel colloquio tra Gesù e la Samaritana (Gv. 4 e sgg) si coglie il vero senso della presenza di Dio nella nostra vita. Gesù possiede un alimento che sazia, un’acqua che disseta in eterno, un cibo (il suo corpo) che dà sostanza. Durante la Santa Messa, al momento di ripetere insieme la preghiera insegnataci da Gesù, alcuni alzano le mani, aprono le braccia, tengono per mano i vicini, quasi a formare una catena tra veri fratelli. “Dacci oggi il nostro pane” gridato in coro, perché il buon Dio si ricordi non solo dei presenti, ma soprattutto di quelli che non vogliono capire che la vita è un meraviglioso dono di Dio e che spetta proprio a Lui sostenerla. Il nostro lavoro è un contributo dovuto, ma è il Padre che fa piovere sul campo del giusto e del malvagio perché produca frutto sufficiente ed è ancora Lui che “veste i gigli del campo che non faticano e non filano, tanto che nemmeno Salomone in tutta la sua magnificenza era vestito come uno di loro”. Se insieme al Padre nostro, cristiani e non ripetessimo alcune delle beatitudini (beati i misericordiosi, i puri di cuore, i pacificatori, i miti…) non occorrerebbero idealisti, maghi, santoni, falsi profeti, predicatori della domenica per cambiare il mondo.
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Cordiani Carmelo: «DACCI OGGI IL NOSTRO PANE. La nostra vita è diventata un accaparramento continuo di beni materiali, un’incetta quotidiana. Ma c'è un alimento che sazia, un’acqua che disseta in eterno, un cibo che dà sostanza», Galatro (RC), Sabato 30 Luglio 2011 |
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