Bloc-notes |
"CINQUE, DUE, UNO… PERCHÉ, SAN NICOLA?"
Un bicchiere piccolo non può ricevere un liquido quanto uno grande. Dio da a ciascuno a seconda delle sue capacità e pretende che l’impegno sia adeguato; in più deve anche impegnarlo per qualche poveretto in difficoltà.”
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di Carmelo Cordiani
Non si tratta della proposta di un terno all’otto; non mi sarei mai permesso di parlarne con il mio Santo Patrono, San Nicola. Oddio! Non si sa mai. Quando si danno i numeri, tutto può succedere.
Nel capitolo 25 Matteo, subito dopo la parabola delle dieci vergini (all’epoca di Gesù ancora se ne trovavano) ci propone il racconto di quell’uomo “che, partendo per l’estero, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno dette cinque talenti; ad un altro, due; al terzo, uno; a ciascuno secondo la sua capacità, e partì”. (Mt. 25, 14 e sgg).
Ad una lettura superficiale potrebbe sorprendere la circostanza che la distribuzione dei talenti sia stata fatta a capriccio del padrone. Di fatto, però, Matteo precisa che a ciascuno è stato dato secondo le sue capacità: in maniera equa, cioè, perché la giustizia non consiste nella distribuzione dei beni in parti uguali ma a seconda di quanto ognuno è in grado di ricevere. E’ come quel vecchio detto: “Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur”. Tanto per essere più chiari, un bicchiere piccolo non può ricevere un liquido quanto uno grande.
La sorpresa, per me, viene dopo, quando il padrone rientra e chiede conto dei talenti affidati. Chi ne aveva ricevuto cinque ne ha restituiti dieci; quello che aveva avuto due ha reso quattro; l’uno è rimasto al palo con l’aggravante della giustificazione: “Signore sapevo che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; perciò, preso dalla paura, sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco, hai il tuo”. Risultato? Punito e privato anche dell’unico talento ricevuto.
Il significato della parabola è chiarissimo. Nella vita ognuno deve impegnarsi mettendo a frutto tutte le personali capacità, molte, molte; poche, poche. Tornando alla metafora dei bicchieri, se il piccolo e grande sono pieni, il grande non è più pieno del piccolo. Ma nel caso del servo “diligente a modo suo” la situazione è diversa. E di questo ho voluto parlare con San Nicola.
“Senti un po’”, gli dissi, prima che mi anticipasse. Credo che mi avesse già letto dentro mentre ero genuflesso davanti al Tabernacolo. “Infondo il servo ha restituito il talento al padrone. Al massimo poteva rimproverarlo riprendersi il talento. Ma gettarlo fuori nelle tenebre, nel pianto e nello stridore dei denti…non ti sembra esagerato?”
“Dio da a ciascuno, come riferisce Matteo, a seconda delle sue capacità e pretende che l’impegno sia adeguato.”
“E chi non ha ricevuto niente? Prendi un povero demente. Cosa può restituire? Manca il “quid” indispensabile, capisci. E va a finire che, anche questi venga buttato fuori tra il pianto e lo stridore dei denti”.
“Ma non dire stupidaggini. La parabola ha un valore preciso e si riferisce alla collaborazione tra l’uomo ed il buon Dio. Voi non dite: “Aiutati che Dio ti aiuta?”. Dio aiuta concedendo a ciascuno dei doni; ciascuno deve valorizzare questi doni e arricchirli con qualcosa di suo. Chi non ha ricevuto niente, come pensi tu, ha avuto la vita che è un bene preziosissimo. In questo caso sta agli altri valorizzare questa vita e l’impegno, l’amore, la passione che ci mettono per accudirla vale il triplo del talento ricevuto. Producono anche per conto del poveretto che non ha avuto nemmeno un talento”.
“Io non ho capito niente. Vuoi spiegarmelo?”
“Se in una casa c’è una croce, come dite voi, l’amore delle persone che si sforzano di alleviare le sofferenze del “crocefisso” è come se si facessero fruttare al massimo i propri talenti ricevuti, con la differenza che il buon Dio non ricompenserà al doppio, ma tre, quattro volte in più in modo da compensare anche quanto il poveretto non è in grado di offrire. Un conto è avere un talento e nasconderlo, un conto non avere un niente che diventa grande con la generosità degli altri. Ecco perché la parabola conclude: “A chi ha sarà dato.” Chi ha e mette a disposizione del prossimo, specie se sofferente, quanto ha ricevuto vedrà aumentata la sua ricchezza spirituale e si sentirà felice per aver impegnato il suo talento per il bene di un altro.”
“A quanto ho capito, chi ha ricevuto qualche dono in più deve anche impegnarlo per qualche poveretto in difficoltà.”
“Esatto. Questo è il significato di “solidarietà”. Un bravo medico mette a disposizione la sua professionalità soprattutto con i più bisognosi, per quelli che hanno poca aspettativa di vita, per i più sofferenti, senza trascurare nessuno. E ciò significa non solo far fruttare per sé i propri talenti, ma anche per gli altri che, di talenti, ne hanno ricevuto pochi. E’ chiaro?”
“Che belle parole! Ma, nel nostro mondo le cose non vanno così. I talenti, chi ce li ha, li sfrutta per se stesso. Ci sono anche quelli che, avendo talenti, preferiscono il “frutto” degli altri. Mi riferisco a chi si lamenta che le cose non vanno, ma non muove un dito per cambiarle.”
“Ed è per questo che vi state impantanando sempre più. Alzate tutti la testa, mettete a frutto i doni che il buon Dio vi ha dato e fateli fruttare per voi e per il prossimo?”
Con questo invito lasciai l’altare del Santo e mi avviai verso l’uscita. Involontariamente, con le dita, contavo : Uno, due, tre, tanto che un amico, mentre scendevo le scale del sagrato mi ha detto: “Forse non ti è chiaro, ancora, il mistero della Santissima Trinità?” “Non si tratta di questo mistero”, gli risposi, “ma di un altro molto più semplice”. “E cioè?” “Perché gli uomini non mettono insieme le proprie abilità per un mondo migliore?” “Ma questo”, obiettò, “è un mistero più fitto del primo”. “Hai ragione”, gli risposi. E smisi di contare.
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Cordiani Carmelo: «"CINQUE, DUE, UNO… PERCHÉ, SAN NICOLA?" Un bicchiere piccolo non può ricevere un liquido quanto uno grande. Dio da a ciascuno a seconda delle sue capacità e pretende che l’impegno sia adeguato; in più deve anche impegnarlo per qualche poveretto in difficoltà.”», Galatro (RC), Giovedì 14 Ottobre 2011 |
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