Bloc-notes

"SANTU VENNARI"

 

 

di Carmelo Cordiani

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Santu Vennari [1]

Verso le undici, dopo la cerimonia in chiesa, lunga per le prediche, si andava in processione al calvario (Foto).

 

Il prete indossava solo la talare nera, con il “tre pizzi” [2] in testa e i chierichetti vestivano la “tonga” [3], senza “cotta” [4].

 

Si portava, come ancora, la “varetta” [5] (Foto) per riporci il Cristo, dopo la “schiovata” [6]  (Foto)e la Madonna Addolorata, sempre presente in tutte le cerimonie di Venerdì Santo. Poi c’erano i “misteri” [7]: La mano, la scala, la colonna…il prestigioso gallo. Seguiva un lungo corteo di uomini e donne, tutto il paese. E la Fratellanza [8]  Foto 1, Foto 2).

 

Ma l’attenzione si concentrava su un uomo, vestito di rosso, scalzo, con una corona di spine in testa ed una grossa croce sulle spalle (Foto). Apriva il corteo. Camminava curvo, con passo stanco, pesante, mentre un altro, dietro, lo teneva legato ad una corda e appesantiva con gesti cadenzati la croce.

 

Un quadro rimasto nella memoria, ormai matura, di Galatro: scomparso, cancellato nel cerimoniale moderno. Oggi si preferisce una fede “intellettuale”, senza scenografie da Medioevo.

 

Eppure mastro Peppino Cordiani  (Foto ) (questo il nome di chi impersonava Cristo e ricordato da qualcuno come “mercante ebreo!”) alla processione del Venerdì Santo, partecipava con fede. Si preparava la corona di spine vere e non c’era verso, quel giorno, di fargli mangiare qualcosa. Era un giorno tutto santo e lui avrebbe indossato la clamide dello scherno, come Cristo di Galilea. Un anno ci andò con la febbre addosso. Allora le strade non conoscevano l’asfalto: pietre e pozzanghere. Mastro Peppino, magro, sotto la croce, seguito da Salvatore Romeo, andava verso il calvario. C’era chi, al suo passaggio, si segnava, come fanno i cristiani. Né uno sguardo intorno, né una parola. Dal corteo veniva il canto triste della penitenza.

 

Sono passati molti anni dall’ultima volta. Eppure, puntualmente, ogni anno, lo stesso giorno, qualcuno ricorda quell’esile figura quasi con rimpianto. “Una volta era più bello”…Una volta, quando tutto l’uomo, intelletto e materia, ragione e passione, cristiano dentro e fuori, partecipava ai misteri della fede.

 

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 Note:

[1]   Venerdì Santo (Torna al testo)

[2]   Tipico copricapo a tre punte, usato un tempo dai preti. Qualcuno lo usa ancora  (Torna al testo)

[3]   Veste talare nera indossata, allora, dai chierichetti (Torna al testo)

[4]   Sopraveste bianca in uso ancora oggi (Torna al testo)

[5]   Urna vetrata per deporvi il Cristo deposto dalla croce (Torna al testo)

[6]  Rito che si compie ancora oggi, togliendo i chiodi dalle mani e dai piedi di   Cristo che tutto il giorno resta  inchiodato sulla croce di mezzo al calvario (Torna al testo)

[7] Oggetti attinenti alla passione di Gesù: la mano che lo schiaffeggiò, la corona di spine, la colonna della flagellazione…Si trattava di riproduzioni in piccolo collocate su un’asta. Il più prestigioso, spesso causa di litigi tra i ragazzi, era il gallo, testimone della debolezza di Pietro.  (Torna al testo)

[8]  Confraternita. In Calabria ce ne sono ancora (Torna al testo)

  

 

 

Cordiani Carmelo: «SANTU VENNARI. Verso le undici, dopo la cerimonia in chiesa, lunga per le prediche, si andava in processione al calvario. Il prete indossava solo la talare nera, con il “tre pizzi” in testa e i chierichetti vestivano la “tonga”, senza “cotta”. Si portava, come ancora, la “varetta” per riporci il Cristo, dopo la “schiovata” e la Madonna Addolorata, sempre presente in tutte le cerimonie di Venerdì Santo. Poi c’erano i “misteri”: La mano, la scala, la colonna…il prestigioso gallo. Seguiva un lungo corteo di uomini e donne, tutto il paese. E la Fratellanza», Galatro (RC), Venerdì Santo 6 Aprile 2012

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