Bloc-notes

"Scusami ancora, San Nicola"

 

 

di Carmelo Cordiani

           

Avevo raggiunto l’altare del Santo Patrono senza accorgermene. La chiesa deserta mi permise un sosta più lunga, genuflesso davanti al minilocale di Gesù, riflettendo su quanto aveva lasciato detto: Se non diventerete bambini, puntini, puntini… Poi, nel breve tratto  tra il Tabernacolo e l’altare di San Nicola, non so per quale stranezza, mi saltarono in testa quattro parole: Canta che ti passa. E, mentre ero seduto, pensavo che era tutto sbagliato. Infatti avevo tanto cantato nei giorni scorsi, tormentato da un dolore lancinante alla scapola sinistra, ma proprio tanto, accompagnandomi anche con il pianoforte. Niente da fare. Più cantavo, più stonavo e più il dolore si divertiva. Poi capitò un amico, un carissimo. Cominciammo a parlare, a scambiarci delle battute, a ripescare nel passato, a ritornare non dico proprio bambini, ma giovani che, per quasi un anno, si faceva lo stesso percorso in salita per guadagnarci il pane. E mi resi conto che, tra una risata e l’altra, il dolore allentava. Ogni tanto qualcosa interferiva sui suoi auricolari. Rispondeva a parole che non gli avevo rivolto e ciò aumentava l’ilarità.

 

Completamente assente con la mente, mi ero dimenticato di essere in chiesa.

 

“Si può sapere cosa sei  venuto a fare? Sono passati più di cinque minuti e sei ancora muto? A cosa stai pensando?”

 

“Oh! Scusami ancora, San Nicola. Stavo pensando che è sbagliato dire: Canta che ti passa. Sarebbe meglio: Scherza, ridi eccetera … E, sai, che è stato proprio Gesù a suggerirmi questa variante? L’avevo già sperimentata, ma Lui me l’ha confermata. Quando ha detto ai suoi discepoli: Lasciate che i bambini vengano a me … e ha concluso: Se non diventerete piccoli, eccetera, ha dato una lezione di vita. Ai bambini non ha raccontato la favola con l’orco o la strega, ma si è rivolto con un linguaggio dolce, piacevole, ha giocato con loro, li ha fatti ridere. Il Vangelo non lo dice, ma è così.”

 

“Non vorrai ripetermi quello che Gesù ha detto! L’ho conosciuto prima di te. Certo che ha giocato con i bambini e il segreto per stare bene è proprio quello di tornare bambini vicini a Gesù. Non è difficile. I bambini si accontentano di poco, non sono permalosi, si azzuffano, ma ritornano insieme, dimenticano, perdonano con facilità, sono pieni di entusiasmo che li aiuta a crescere sani e buoni. Ritornare bambini significa solo questo. Come cambierebbe il mondo!”

 

“Un’utopia. Sai quanti non ci pensano nemmeno a ritornare bambini, ricordando le violenze subite, la fame, la sete, lo scippo della libertà che li ha messi difronte a responsabilità che non capivano. E pensa a quanti soffrono negli ospedali. Ne ho visti tanti, pallidi, con gli occhi belli, ma quasi smarriti, in cerca di un sorriso, di una carezza che li faccia sperare. Vicine sono anche le loro mamme che guardano quelle creature che, giorno dopo giorno, diventano sempre più deboli. Cosa racconta Gesù a questi angioletti per farli divertire?”

 

“Il suo cielo. Solo il suo cielo. Non dirà mai ad alcuno: Lasciate che questi piccoli vengano a me. Sono io che vado loro incontro, che mi siedo vicino, che stringo le loro manine. Il loro corpicino è martoriato, ma, dentro, sapessi quanta serenità! Voi dimenticate che, se vi è difficile ritornare bambini per avvicinarvi a Gesù, sarà proprio Lui a venire al vostro fianco. Vi trasformerà, allevierà le vostre pene, vi farà uscire dal tunnel della vostra quotidianità impastata di sofferenze, di delusioni, di ansie. Insomma, sarà Lui a dare respiro a quel bambino che portate dentro e di cui vi siete dimenticati.”

 

Mi sentivo sempre più confuso, ma mi rendevo conto che ognuno di noi, dentro, rimane un bambino bisognoso anche di coccole. L’orgoglio cerca di coprire la voce del “nostro piccolino”, perché dobbiamo apparire grandi, cresciuti, importanti. I bambini non sono importanti, fanno solo tenerezza, oppure rompono.

 

Mi venne in mente l’immagine di Madre Teresa di Calcutta che portava per mano una delle sue bambine, sofferente. Non sapevo distinguere chi fosse più piccola. Anche sotto le rughe profonde che le solcavano il viso appariva una bambina che stringeva la mano ad una sua coetanea. San Nicola mi aveva già letto il pensiero:

 

“Hai visto? Quella donnina che i grandi dell’ONU hanno onorato alzandosi in piedi era piccola di statura ma sentiva tanta serenità, aveva tanta vitalità, sorrideva, ispirava fiducia, dava speranza. Tutto perché c’era Gesù con lei. Non l’ha mai abbandonato, anche quando (le è successo!), curva per gli anni, appesantita dalle amarezze, dalle incomprensioni, dalle miserie che non riusciva a sollevare, si era chiesto se Gesù l’avesse abbandonata. Il dubbio assale tutti. Anche i santi. Ma è proprio nel dubbio che si rafforza la fede perché ci si rende conto che non si può uscire se non riscoprendo quel percorso che porta a Gesù.”

 

Si era fatto tardi. Mi girai verso l’altare di San Rocco. Vuoto. La vecchina non s’era presentata. Mi decisi di uscire per non farmi vedere dal sacrista che, da lì a poco avrebbe fatto il solito giro prima di chiudere.

 

Sul sagrato, invece, il piccolino che non vedevo da tanto. Mi guardò attentamente, come se avesse notato qualcosa di strano. Ma non mi parlò. Mi tese la manina e mi aiutò a scendere gli scalini dell’ampia gradinata.

 

“Grazie, piccolo! Adesso vai a casa perché è tardi.” – Mi strinse forte la mano e scappò via come un leprotto.

 

 

 

Cordiani Carmelo: «Scusami ancora, San Nicola.  Mi sentivo sempre più confuso, ma mi rendevo conto che ognuno di noi, dentro, rimane un bambino bisognoso anche di coccole. L’orgoglio cerca di coprire la voce del “nostro piccolino”, perché dobbiamo apparire grandi, cresciuti, importanti. I bambini non sono importanti, fanno solo tenerezza, oppure rompono», Galatro (RC), Giovedì 23 Agosto 2012

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