Bloc-notes

"CHE MAMMA, SAN NICOLA!"

 

 

di Carmelo Cordiani

 

Qualche minuto in più, davanti alla porticina di Gesù, in occasione della visita al Santo Protettore dopo lo tsunami che mi aveva quasi sommerso. E, come in una favola, con tre mesi di anticipo, mi tornò alla memoria l’incanto del Presepio, con quel Piccolino che si portava alla bocca le manine chiuse come tutti i neonati che hanno fame. E la sua Mamma…Che dolcezza! Che tenerezza! Quanto amore nel prenderlo in braccio per nutrirlo, per stringerselo al seno, cantando le nenie di ogni mamma! E mi persi tra i volti che gli artisti hanno dato alla Madre di Gesù, a quel viso divinamente triste scolpito da Michelangelo, alle poesie a Lei dedicate, a quel verso sublime in cui il Poeta la esalta: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio;”. E, poi, quel “Figli miei” che il 19 settembre del 1846 ha rivolto ai due pastorelli, Massimino e Melania. “Figli miei”! Quel volto dolce, tenero, di mamma nelle grotta di Betlemme, ci appartiene.

 

“Ti vedo bene”, mi disse subito San Nicola, prima ancora che gli rivolgessi la giaculatoria. Stavo per rispondergli che “Ti vedo bene” è la solita sparata che dice e non dice, ma ho preferito fargli una domanda:

 

“Ma voi vedete la Madre di Gesù?”

 

“Certo, sempre, allo stesso modo in cui godiamo della visione di suo Figlio”.

 

“E che volto ha?”

 

“Celestiale. Ma spesso è triste, come ai piedi della croce, guardando tutto il male che vi fate e all’indifferenza che dimostrate con Gesù. A volte soffre, capisci? Noi ci stringiamo tutti intorno per consolarla, per compensarla dell’amore che sente per voi. Ma è la vostra amicizia che vorrebbe piena, la vostra fiducia, la vostra preghiera, per ristabilire il rapporto di figli che si amino tra loro, come Gesù vi ha insegnato. Che mondo se tutti vi sentiste figli di una Madre così premurosa! Che pace se viveste in unica famiglia in cui i figli si vogliono bene, non litigano, non sono egoisti, si aiutano nelle difficoltà, si sentono appartenenti allo stesso padre, alla stessa madre. Alla pace preferite le discordie, gli odi, le guerre, il sangue di tanti innocenti. Sono questi i motivi di sofferenza e di preoccupazione della Madre che non riesce più a trattenere il braccio di Gesù, come ha dichiarato ai pastorelli di La Salette. E’ passato più di un secolo e mezzo e non avete fatto altro che appesantire quel braccio.”

 

Il riferimento all’apparizione del 19 settembre 1846 mi aveva riportato indietro negli anni. Ricordavo quel sette ottobre 1947 quando, insieme ad altri ragazzi, alcuni coetanei, salimmo su un treno a Rosarno, diretti a Salmata dove siamo stati accolti da altri apostolini della Madonna di La Salette. Ho risentito il vento fresco di tramontana che scendeva dal passo del Termine, ho rivisto il tramonto rosso pastoso dietro il Subasio, ho gustato il nuovo profumo della terra del Poverello. E, poi, quel viso tra le mani della Bella Signora, seduta, in attesa di dire a due pastorelli: “Venite avanti, figli miei, non abbiate paura!”. Man mano che trascorreva il tempo, quelle parole si radicavano dentro e diventavano invito irresistibile. Andavo avanti, senza paura, scoprendo in quel volto la Mamma che avevo conosciuto in un soffio di tempo. Che Mamma! Trasfigurata, che mi guardava quasi volesse dirmi: “Non è stata colpa mia. Coraggio, sono sempre accanto a te, non avere paura.”

 

“Sarebbe ora di smetterla di fantasticare”, interruppe San Nicola. “Non ti passa niente altro per la mente? “

 

“Sapessi quante altre cose! Ma, vedi, mi piace rivangare il passato. Nonostante tutto è stato bello e ringrazio quel volto dolce che mi ha sempre sostenuto. Specialmente nel buio mi è apparso come il lumicino lontano, lontano della favola e non ho mai perso l’orientamento.”

 

La vecchina era al suo posto da un paio di minuti. Mi guardò sorridente, contenta di rivedermi. Ognuno al posto suo, ma nella casa comune, dove il profumo del nuovo detersivo si fondeva a quello dei gigli arancione che ornavano quasi tutti gli altari. Davanti al Tabernacolo la lampada della fede, sempre accesa.

 

“Senti un po’, San Nicola! Il sei dicembre, quando ti porteranno in processione per le vie di Galatro, cosa dirai ai tuoi concittadini?”

 

“Perché? Tu non sei un mio concittadino? Allora devi chiedermi: “Cosa vi dirò”. Vi dirò che procedete come i gamberi. Nessun passo in avanti, tanta indifferenza, nessuna voglia di risorgere, solo bla, bla, bla dai predicatori di turno che si riempiono la bocca di promesse senza sbocco e litigano invece di mettere insieme le idee e le risorse per il bene del paese.  Naturalmente faranno la loro comparsa, insieme ai capi del Sinedrio, ai farisei che, tra un caffè ed un sorriso, preparano una nuova ammucchiata”.

 

“Alt, San Nicola, o mi farai passare un guaio. Sono persone intelligenti, preparate e non sopportano che si metta in discussione il loro operato”.

 

“D’accordo. Intanto i giovani affollano i bar, si formano circoli di ragazzini per la giornaliera razione di birra (con la speranza che non si consumi altro!), si ruba nelle case, la disoccupazione costringe l’avventura in cerca della sopravvivenza. Si abbellisce il paese, si illuminano le strade sulle quali non incontri una persona con cui scambiarsi un saluto. I saluti, invece abbondano sui muri, insieme agli elogi, alla solidarietà rivolta a chi fa comodo”.

S’era fatto tardi e decisi di salutare il Santo protettore e rientrare a casa.

 

“Oh! Che sorpresa! Non pensavo di trovarti qui a quest’ora.”

 

“Sapevo che eravate in chiesa. Vedendovi uscire ho smesso di giocare e sono venuto per aiutarvi a scendere gli scalini.” Mi prese per mano e si divertì a contare: “Uno, due tre…fino all’ultimo”. Sono stato io a dirgli: “Corri piccolo, corri. Cresci sano e forte come un querciolo”.

 

 

 

Cordiani Carmelo: «"CHE MAMMA, SAN NICOLA!". Qualche minuto in più, davanti alla porticina di Gesù, in occasione della visita al Santo Protettore dopo lo tsunami che mi aveva quasi sommerso. E, come in una favola, con tre mesi di anticipo, mi tornò alla memoria l’incanto del Presepio, con quel Piccolino che si portava alla bocca le manine chiuse come tutti i neonati che hanno fame. E la sua Mamma…Che dolcezza! Che tenerezza!», Galatro (RC), Mercoledì  19 Settembre 2012

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