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"CHE FIGURACCIA, SAN NICOLA!"
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di Carmelo Cordiani
Quel dottore della legge di cui parla Luca nel capitolo 10, dal versetto 21 in avanti, non pensava di trovarsi di fronte al vero legislatore, anzi al grande riformatore della Torah. Ci ha provato, toccando un tasto molto delicato che giustifica proprio il sacrificio di Gesù: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Non era, quindi, sufficiente amare Dio, offrirgli sacrifici espiatori, osservare i suoi comandamenti…Lo stesso amore doveva irradiarsi tra gli stessi uomini, verso il prossimo, senza limiti e frontiere, diversità di colore, di linguaggio e di religione. E, poiché il dottore della legge non aveva chiaro chi fosse il prossimo (in realtà voleva metterlo alla prova!) ha avuto la felice idea di chiederlo a Gesù. E Gesù lo accontenta con una bomba di parabola. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…” Conosciamo il seguito. L’uomo incappa in alcuni briganti (Da Gerusalemme a Gerico si copre un dislivello di circa mille metri, attraverso una strada solitaria, nel deserto di Giuda, ideale per gli agguati! ) che lo depredano, lo massacrano di botte, lo lasciano mezzo morto. E qui arriva il bello. Passa un sacerdote, lo vede e gira alla larga. “Egualmente anche un levita, giunto sul luogo e vedutolo, girò alla larga”.
“Che figuraccia, mio Signore!”. Mi ero appena genuflesso davanti al tabernacolo. Aspettavo che Gesù, nella sua bontà, trovasse solo una piccola giustificazione, ma abbassò la testa come fosse dispiaciuto, alle 10.45 in punto di domenica 21 scorsa come ai tempi della parabola. Il levita, il sacerdote, oggi li chiameremmo preti! Il levitico, infatti, facente parte del Pentateuco, è proprio il libro dei preti e il ritornello che leggiamo spesso è la volontà del Signore: “siate santi, perché Io sono santo.”
Il levita ed il sacerdote passarono indifferenti. E mi ritorna ancora la riflessione di papa Francesco quando ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”. Sagge parole che, un padre passionista nell’omelia di domenica, ha allargato aggiungendo che l’indifferenza è peggiore dell’odio, perché l’odio ha un avversario di fronte. L’indifferenza annienta ogni cosa, spegne la coscienza, annulla ogni legame, isola sempre di più spingendo l’uomo verso l’egoismo squallido. Ecco, allora, che si spezza il legame tra marito e moglie, tra padri, madri e figli, al punto di cancellare ogni traccia di rapporto umano.
Chi è il prossimo? Ecco fatto. Tra le “eccellenti” figure della torah, uno senza titoli, un samaritano, un impuro. Ma come? Gesù non aveva detto ai Dodici: “ Non prendete la strada dei pagani e non entrate nelle città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele?” (Mt. 10, 5 ). Per rispondere alla domanda Gesù non usa un termine generico (qualunque uomo), ma si muove in una realtà concreta e sceglie un soggetto che anche i giudei rifiutano: Un samaritano. E, ancora, Luca raccontando la guarigione dei dieci lebbrosi (Lc. 17, 11-19) dice che solo uno dei dieci “vedendo che era guarito, tornò indietro, glorificando Dio a voce alta, e si prostrò con la faccia a terra dinanzi ai suoi piedi (di Gesù) ringraziandolo. E quegli era un samaritano.”
“Come mai questo cambiamento, mio Signore? Senza parlare del tuo incontro con la samaritana, quando dalla Giudea ritornavi in Galilea e dovevi, necessariamente, attraversare la Samaria. Ricordi? Eri assetato e la “pagana” ti ha dato da bere.”
“Gesù sapeva quello che faceva e, quando ha raccomandato agli Apostoli di non andare nelle città della Samaria, era cosciente che essi non avevano ancora ricevuto lo Spirito per affrontare nemici storici, convinti di essere loro i veri osservanti della Torah. Forse ci sarebbe scappata qualche accesa discussione e, con Pietro facile a mettere mano alla spada, poteva anche finire male”.
“Caro San Nicola, sono proprio felice di sedermi al solito posto per ascoltarti. Ho indugiato qualche minuto in più con il Padrone di casa. Come al solito, nemmeno una parola”.
“Ma Gesù ti parla continuamente. Sei tu che ti distrai. Gesù parla al cuore degli uomini, soprattutto a quelli che soffrono. Voi vorreste Gesù in carne ed ossa. Si è incarnato una volta, è vissuto tra gli uomini, è stato crocifisso, vi ha lasciato un cibo prezioso: La sua carne ed il suo sangue. E’ nell’Eucaristia che dovete ascoltare la voce del grande amico dell’uomo, di chi ha insegnato ad amare il prossimo come il samaritano. Da dove pensi che ti è arrivata la serenità per affrontare tanti disagi, per andare avanti e indietro, per sperare, per continuare a credere nonostante il buio in cui, come ogni altro essere umano, a volte, ti senti avvolgere? Ricordi? Deus prope, tecum, intus. Senza queste parole anche la vita diventa indifferente, per cui sarebbe inutile perfino lamentarsi”.
La vecchina era al solito posto e ciò mi ha fatto gustare ancora di più il silenzio ed il raccoglimento della mia chiesa. Ho dato un rapido sguardo a tutte le belle statue e mi sono chiesto come mai, la vecchina, tra le tante, avesse scelto proprio San Rocco che, per giunta, non è italiano.
“Perché, io sono italiano? Perché mi hanno scelto protettore di Galatro? I santi non hanno patria”.
“Lo dici tu. Guarda un po’ cosa succede dalle tue parti. Prova un po’ a privare i frati cappuccini del diritto di possedere le spoglie di un Santo tutto italiano. Meridionale, per giunta. E, poi, ci chiamano terroni. E San Francesco di Paola? Meridionale. Ma, come accade spesso, gli stranieri, in Italia, hanno più fortuna”.
La vecchina, vedendomi passare mentre uscivo, mi ha chiesto perché mi assento spesso. “Questione di lavoro”, le risposi. “Ma come, non siete pensionato?”. “Appunto, ma, per sopravvivere, devo lavorare”. “Beato voi. Io mi accontento di quello che ho.”
Che aria bella fresca, uscendo. Stavo salendo sulla solita Suzuki usata ( per il fisco!) ed eccolo li di corsa. Lo presi in braccio e lo feci sedere accanto.
“Mi fai guidare?”
“E’ ancora presto. Ma lo farai”.
“Allora suono il clacson…”
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Cordiani
Carmelo:
«"CHE FIGURACCIA, SAN NICOLA!". Il
levita ed il sacerdote passarono indifferenti. E mi ritorna ancora la
riflessione di papa Francesco quando ha parlato della “globalizzazione
dell’indifferenza”. Sagge parole che, un padre passionista nell’omelia di
domenica, ha allargato aggiungendo che l’indifferenza è peggiore dell’odio,
perché l’odio ha un avversario di fronte. L’indifferenza annienta ogni cosa,
spegne la coscienza, annulla ogni legame, isola sempre di più spingendo l’uomo
verso l’egoismo squallido. Ecco, allora, che si spezza il legame tra marito e
moglie, tra padri, madri e figli, al punto di cancellare ogni traccia di
rapporto umano», Galatro,
Giovedì 18 Luglio 2013 |
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