Galatro: Racconti Popolari

L'ilici di Brunu Leuni


Lo impiccarono al leccio dopo averlo sgozzato, come un capretto , fracassato la testa a tradimento, perché era forte da tenerne a bada dieci (L'ilici [1])

di Carmelo Cordiani

 

Il racconto dell'orribile morte passava di bocca in bocca e ogni volta si aggiungevano particolari raccapriccianti.

"Lo impiccarono dopo averlo sgozzato, come un capretto ... Prima gli hanno fracassato la testa a tradimento, perché era forte da tenerne a bada dieci". E c'è chi afferma di averlo visto, ma da lontano, tra le querce secolari che da " i dui viali " [2] si estendevano, a perdita d'occhio, sia sulle falde che scendono al Fermàno, sia su quelle che raggiungono il Metramo.

Un omaccione alto, robusto, barba e capelli incolti, un cappellaccio sempre in testa, giacca di velluto a coste larghe e una scure in mano. Mai, però, che avesse infastidito qualcuna delle donne che ininterrottamente percorrevano i piani di Longa, con il carico in testa. Erano sacchi di carbone, settanta, ottanta chili! Erano cataste di legna, oppure lunghi tronchi che bisognava trasportare appaiate. Allora, guadagnarsi un pezzo di pane costava. Si doveva partire alle due di notte, tenersi vicine, parlarsi, girarsi continuamente quando la luna, penetrando la folta boscaglia, proiettava lunghe ombre tremanti e il vento le accompagnava con il suo lugubre lamento.

All'enorme ilici si arrivava intorno alla tre e mezzo.

D'estate, guardando verso la faggeta di Prateria, si intravedeva il leggero chiarore dell'alba che spaccava, ma l'ilici, ancora immerso nell'enorme sagoma scura, agitava i suoi rami come per raccontare ai passanti quell'orribile delitto di cui era stato impotente testimone.

Le donne si tenevano più strette. Le più giovani stavano nel mezzo; all'esterno quelle che da anni conoscevano il calvario che aveva reso i loro piedi duri come le pietre del Metramo.

Tutte si segnavano d'istinto, quasi a voler allontanare dalla mente l'immagine di quel povero disgraziato che sembrava ancora appeso al ramo che si perdeva nel buio.

Il ritorno, con il carico in testa e il sole già alto dietro le spalle, era tutt'altra cosa. Bisognava oltrepassare il "Marcatu" per sbirciare l'area di Galatro, ma il pensiero di avercela fatta anche per quel giorno, di aver portato a casa qualcosa, faceva dimenticare l'ilici che rimaneva sulla destra.

"Arrivammu all'Ilici di Brunu Leuni?"[3], domandava Marerosa a Mela che la precedeva di due passi: "E mo avi? Simu o Marcatu" [4]. "Selodatu Dio" [5] rispondeva "Marero", con il collo curvo ed il petto ansante. Anche per questo giorno era fatta. Ci voleva più di un'ora per raggiungere Galatro. Ma si era in discesa e, si sa, in discesa "tutti i Santi aiutano". Sapeva dì aver strappato alla vita un altro giorno, di poter vivere ancora, a dispetto della "malasorte" che le aveva lasciato tre figli e nessun padre. Domani, alle due in punto, insieme alle sue compagne, avrebbe ricominciato.

Appuntamento alla "granatara", per iniziare la via crucis e raccontare l'orribile morte di Brunu Leuni.

Oggi, la strada che da Galatro porta alla "Castagnara" [6] è continuamente battuta da macchine d'ogni tipo. Pochi conoscono il luogo esatto dell'ILICI. Ma anche per chi lo conosce, il fatto è privo di emozioni. E' una leggenda, per quelli che passano veloci. Solo le nostre donne anziane che, alle tre e mezzo di notte transitavano a piedi per raggiungere il quotidiano carico a Piani di Longa, l'Ilici di Brunu Leuni significa un pezzo della loro esistenza, il migliore, perché tanto giovane.
 

*

I nomi di Marerosa e Mela non sono inventati. Da queste persone, lavoratrici instancabili, che riuscivano a trasportare sulla testa carichi di un quintale, ho sentito raccontare la maggior parte delle leggende che ho cercato di ricostruire, sia perché non vadano perse, sia per conservare i nomi delle località. Marerosa e Mela sono morte: il racconto vuole, anche, essere un omaggio alla loro memoria.

[1]

Ilice o Leccio

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[2]

Bivio: un viottolo saliva verso Piani di Longa; l'altro scendeva nel fiume Fermàno.

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[3]

"Siamo arrivate al leccio di Bruno Leone?"

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[4]

"Da molto. Siamo già al Marcato" [altra località lungo la strada per Piani di Longa ].

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[5]

"Sia lodato Dio"

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[6]

Località dove è stata costruita la diga sul fiume Metramo.

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Cordiani Carmelo - Bloc-notes - Racconti Popolari: «L'ilici di Brunu Leuni. Lo impiccarono al leccio dopo averlo sgozzato, come un capretto , fracassato la testa a tradimento, perché era forte da tenerne a bada dieci», Galatro (RC)

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