Non sono
venuto per essere servito,
ma per servire |
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di Vincenzo La
Gamba Non v’è dubbio che tra gli Evangelisti, Giovanni ha sempre trattato il tema dell'amore, quell'amore che Gesù ha ripetutamente predicato e che Giovanni ha reso più poetico. Non è strano riscontrare quanto Giovanni fosse attaccato al Maestro. È strano invece quello che viene raccontato nell'odierno brano domenicale da Marco. Cioè che i due Discepoli Giacomo e Giovanni, a causa della loro intraprendenza e decisione, chiedono a Gesù: "Concedici di sedere nella Tua Gloria uno alla Tua destra ed uno alla Tua sinistra". Come dire: noi due dobbiamo essere i più privilegiati. Giusta la reazione di sdegno degli altri Dieci. Infatti un simile modo di agire, in una qualsiasi comunità, può solo suscitare rancori, gelosie, contrasti e divisioni. Gesù, però, sfrutta la domanda dei due Discepoli per "fare scuola" a tutti Dodici. Presenta quindi il Suo programma-progetto: "il più grande - egli dice - è il servitore, il primo è colui che si mette a servizio della comunità". Egli giudica sullo stile di servizio: ha dato l'esempio (lavanda dei piedi nella cena pasquale) e chiede, ai Suoi Discepoli, pertanto, di porre se stesso come modello da imitare. Prima di ogni cosa, Egli invita loro di essere degni Suoi discepoli con i fatti e non con le parole soprattutto perchè Gesù ritorna sul dovere dell'umiltà e del servizio. Egli non si mette nella logica dei grandi di questo mondo: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire", afferma categoricamente Gesù nel Vangelo odierno. La domanda dei due Discepoli è stata diretta a Gesù, dopo che Egli aveva parlato della Croce, simbolo di grande sofferenza, rifiuto, passione e morte. Ma è come se Gesù non avesse detto nulla. Giacomo e Giovanni, invece di ascoltarLo e fare la Sua volontà, vogliono che Lui ascolti loro e faccia la loro volontà. Solo dopo la morte di Gesù, Giovanni ha capito il mistero della Croce scrivendo successivamente: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore. Egli ha dato la Sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3, 16). Oggi è la Chiesa, a cui apparteniamo noi battezzati, che ha una regola uguale per tutti: servire e dare la vita. E l' autorità della Chiesa deve essere capita come situazione in cui la logica della Croce si fa più chiara, cristallina ma soprattutto più convincente. Chi è, quindi, un buon cristiano è pure un buon servitore e discepolo di Gesù Cristo. È indubbio che nel Cristianesimo attuale ci sia una maggiore coscienza della Chiesa come comunità di servizio, anche se ci possono essere gruppi nei quali questa coscienza è diminuita o non esiste di fatto. Questa coscienza è una grande ricchezza della Chiesa del nostro tempo. Una coscienza che percorre l'intero corpo ecclesiale. Ma è anche vero, purtroppo, che la coscienza può essere insufficiente. Si passa, quindi, dalla coscienza all'esperienza di vita. E questo passaggio lo hanno compiuto (e lo compiono ogni giorno) chi è in prima linea a livello sociale nella difesa dei diritti umani e nel servizio degli emarginati ( tossicodipendenti, malati di Aids, lebbrosi, bambini abbandonati). Il caso più tipico è quello di Madre Teresa di Calcutta, che proprio oggi a Roma viene Beatificata da Papa Giovanni Paolo II per i Suoi meriti immensi al servizio dei più deboli e dei malati. La Chiesa si riconosce in Madre Teresa, perchè Ella ha incarnato (come Santa vivente) il vero messaggio di Gesù: cristiana e servitrice. Non solo, ma per servire bisogna soffrire. Spiritualmente il servizio può essere una sorgente di gioia, ma la sofferenza, con i suoi diversi aspetti, non è assente dal servizio stesso. Quando parliamo di sofferenza intendiamo la fatica, il duro lavoro e, a volte, anche l'umiliazione che si aggiunge al disprezzo e l'ingratitudine di quelli che vengono serviti con amorevoli cure e dignità umana.
Non è facile servire soffrendo, ma per la Beata Madre Teresa di
Calcutta nulla è stato impossibile, grazie alla Parola di Dio che ha
sempre vivificato il Suo Spirito, grazie all'energia che Le veniva dal
Pane Eucaristico, grazie ad una fede gigantesca attraverso la quale
Lei è riuscita a fare scoprire Gesù Cristo al mondo intero, in un
momento in cui il mondo aveva bisogna di Madre Teresa, come figura
carismatica, caritatevole ed umana a cui aggrapparsi per trovare
Cristo vivo e presente tra di noi. |
Meditazioni: «Non sono venuto per essere servito, ma per servire», di Vincenzo La Gamba - America Oggi, New York, Domenica 19 Ottobre 2003, XXIX Tempo Ordinario