L'origine della felicità è nel sentirsi amati da Dio |
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di Vincenzo La
Gamba Non so francamente come analizzare il quesito. C'è qualcosa che dobbiamo fare per essere felici? Esiste la felicità? E se esiste, come possiamo raggiungerla? Partiamo dal presupposto che uno si sente felice se ha molti soldi, se ha fascino, se è bello, se ha un bel lavoro, se sa parlare eloquentemente, se ha una bella moglie, se ha belle macchine, se va frequentemente a posti di villeggiatura. Notate che tutto dipende da tanti "se". Gesù, nel Vangelo odierno di Luca parla delle Beatitudini. Una pagina memorabile, che ha stupito persino il grande Gandhi, di religione indù, al punto che da considerare le Beatitudini delle Sacre Scritture come le più alte pagine del pensiero umano. D'altra parte Gesù ci indica come essere felici, ma non è certo la felicità di cui abbiamo esposto sopra. "Beati", quindi, cosa significa? Semplice: la Beatitudine e la Felicità esistono in Dio. Gesù ci svela che l'origine della felicità è nel sentirsi amato da Dio, nel leggere la propria storia nella grande storia d'amore di Dio. La Beatitudine è altrove: è dentro. È in Dio. Beato è colui che capisce questo: neppure la sofferenza, la povertà, la fame possono distaccarci da questo grande oceano di felicità, che è il cuore di Dio.
Geremia conferma questa riflessione, come il ritornello
del Salmo odierno: "Beato chi pone la speranza nel Signore". Semplice: Dio ama i poveri, perchè Lui si è fatto povero. Contrapponendo i poveri ai ricchi, gli affamati ai sazi e quelli che piangono a coloro che ridono, Gesù mostra perchè gli uni hanno tutto e gli altri niente. E giustamente perchè le relazioni sociali sono corrotte dall'ingordigia, dal guadagno e dalla mancanza di solidarietà: i ricchi accumulano con lo sfruttamento dei poveri; i sazi lo sono perchè accumulano ciò che dovrebbe essere condiviso; gli indifferenti non si preoccupano e ridono sulla sofferenza di coloro che piangono. Se non si manifestasse questa pagina al riguardo delle Beatitudini, si potrebbe concludere che il Regno di Dio appartenga ai ricchi, ai sazi, agli indifferenti, in scandaloso contrasto con la consegna del Regno ai poveri da parte di Gesù. Chiariamo subito che le "Beatitudini" non sono ironia gratuita o pazzia di un esaltato, ma nemmeno acqua dolce, ancor meno delle “Ricette" belle e preparate per le sole "anime" ma si chiede a queste "anime" di dimostrare nella pratica come rendere "tempio dello Spirito" il corpo di tutti gli esseri umani. E per tutti noi, che ci consideriamo cristiani, arriverà quel momento decisivo: "avevo fame e mi avete dato da mangiare....." Luca aggiunge nell'odierno Vangelo, quattro tipi di "guai": ci fa vedere un Gesù, che alza lo sguardo verso Gerusalemme e vede i ricchi, i sazi, i prepotenti e annuncia loro i "guai". No. Gesù non maledice e allo stesso modo Dio è incapace di augurare il male proprio Lui che è Bene. Gesù, invece, vede la conseguenza di una ricchezza, di un'arroganza che chiudono il cuore. Un cuore sazio si dimentica. Un cuore affannato non si accorge della verità. Un cuore in ansia per la ricchezza è schiavo, non libero, del proprio potere. Quanta verità in tutto questo! Conosco un mare di persone cosiddette "realizzate", ma che sono umanamente misere, spiritualmente aride. Realizzate, si, temute, invidiate eppure sole con la propria boria e con il naso all'insù. Anche noi come Geremia siamo posti di fronte a due scelte: la mentalità di questo mondo che ci dice che per essere felici occorre essere e possedere, riuscire e apparire, oppure ascoltare il senso delle Beatitudini, quelle di Gesù che ci dice che basta lasciarsi incontrare da Dio.
Che non abbia ragione Dio? |
Meditazioni: «L'origine della felicità è nel sentirsi amati da Dio», di Vincenzo La Gamba - America Oggi, New York, Domenica 15 Febbraio 2004 - Sesta Tempo Ordinario