Meditazioni

Sto con Lui.
Io lo guardo e Lui mi guarda

 

Vincenzo La Gamba

Le prime parole della parabola odierna, narrata nel Vangelo di Luca (il giudice disonesto e la vedova che lo supplica) ne indicano la finalità sulle labbra del Signore: "Gesù disse ai Suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi".

La morale della parabola è questa: una vedova importuna un giudice che non ne vuol sapere di aiutarla. La donna è talmente insistente e persistente, che alla fine il giudice disonesto finisce per renderle giustizia.  Questo significa che Dio, santo e giusto, ascolta sempre la preghiera perseverante dei suoi figli che hanno bisogno del Suo aiuto.

Chiariamo subito che ci sono molti modi di pregare (o perlomeno ognuno prega per come sa), ma uno è il metodo più efficace: lodare Dio e il Suo nome nella nostra quotidianità.

Succede spesso che ci rivolgiamo a Dio quando abbiamo bisogno di Lui: un nostro congiunto ha il cancro, una zia è a letto paralizzata, i genitori soffrono di cuore, un figlio è in pericolo di vita e così via. Succede pure che quando la cura, il miracolo o la guarigione non avviene, si esclama: "Mi hai fatto perdere la fede, o Dio".
Il problema è un altro. Chi si avvicina a Dio deve avere fede prima di incominciare a pregarLo. Infatti ci viene insegnato che la preghiera, quando è autentica, nasce da un fede viva se poi si nutre dell' intimità con Dio, è meglio, perché Dio riesce sempre ad ascoltare meglio i suoi figli se c'è del tenero e dell' intimo. Dio è Padre a tutti, non è patrigno, quindi è misericordioso ed amorevole con tutti.

Si dice, con tristezza,  che oggi la gente non sa pregare. È vero!  Ci sono delle crepe anche nella fede, tanto a livello personale quanto comunitario. Una delle ragioni è che non alimentiamo la nostra fede alla sua fonte stessa, cioè leggere la parola di Dio nella Sacre Scritture, come ricorda l'apostolo Paolo al suo Timoteo nella Seconda Lettura di oggi.

Le Scritture sono come l'acqua che rigenera la terra secca e screpolata, perché la preghiera fa germogliare la fede addormentata.  E chi è discepolo di Cristo deve costantemente bere e dare da bere a chi è assetato di fede, altrimenti si diventa aridi dentro e non fa bene all' anima. Mantenersi discepolo di Dio è molto difficile perché se non  ha un contatto intimo con Dio attraverso la preghiera la vita è vuota e tutto è indifferenza ed  ingiustizia.

La base migliore per una buona preghiera è una fede matura che non intende la preghiera come ricerca egoistica dei favori di Dio. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo a chiedere cose, ma deve essere un "prolungamento" della preghiera liturgica domenicale o quotidiana. Se è efficace è perché Dio ci dona lo Spirito Santo che ci rende più credenti ed umani, più sinceri davanti a Dio che ci converte dentro per essere più forti nelle nostre debolezze.

Possiamo aggiungere che pregare è fare esperienza gratuita (e non utilitaristica) di Dio; così come la esprime il "Padre Nostro", la preghiera per eccellenza. Per questo, il modello supremo di ogni preghiera cristiana è Gesù stesso, che orienta il nostro avvicinamento a Dio, Suo Padre. 

Saper pregare non è difficile per molti, mentre per altri lo è. Possiamo pregare spontaneamente, parlando con Dio come si parla con il proprio padre o un intimo amico, oppure mediante formule già fatte, tipo i Salmi, il Magnificat, i testi liturgici, le preghiere ai Santi. Poi c'è una preghiera fatta con l'assoluto silenzio, cioè un incontro con Dio senza parole. Come quella del contadino che passava molto tempo in Chiesa. Quando il famoso santo Curato di Ars, Giovanni Maria Vianney, gli domandò che cosa facesse per tante ore davanti al Tabernacolo, il contadino gli rispose con la più grande naturalezza: "Sto con Lui. Io lo guardo e Lui mi guarda".
 

Meditazioni: «Sto con Lui. Io lo guardo e Lui mi guarda»,  di Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 17 Ottobre 2004 -  XXIX Tempo Ordinario