Rallegratevi sempre nel Signore… rallegratevi |
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Vincenzo La Gamba La terza domenica dell' Avvento è pervasa dalla gioia. Si chiama la domenica "laeta", cioè allegra come suggerito da San Paolo nella seconda lettura: "Rallegratevi sempre nel Signore; ve lo ripeto: rallegratevi". Nella prima lettura, il profeta Sofonia dice: "Gioisci, figlia di Sion, esulta Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!". Nel cantico responsoriale questo straordinario vocabolo della gioia si arricchisce ancora di altri termini: "Mia forza e mio canto è il Signore; Egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza... Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion (Isaia 12, 23-36). Soffermiamoci su questa parola. Nella poesia "Il sabato della villaggio", Giacomo Leopardi ha espresso il concetto della gioia dell'attesa, del sabato che precede la festa ed il riposo. Esso è "giorno pien di speme e di gioia". Aggiungiamo noi pieno di gioia proprio perché pieno di speranza. L' attesa della festa è migliore della festa stessa. Non vi è capitato mai di fare preparativi per un' occasione lieta, oppure la cena della vigilia di Natale, lo stesso Natale o la Pasqua? Avete cucinato per giorni con cura e fatica e poi d' un lampo la festa è finita in poche ore! L' attesa di un parto a volte non ha paralleli con la nascita del bambino, che porta felicità e gioia ai genitori. L'attesa (quasi sempre) quindi è generatrice di viva gioia. San Paolo dice che i cristiani devono "essere lieti nella speranza", il che non significa solo che devono "sperare di essere lieti" (s' intende, dopo morte), ma devono "essere lieti di sperare", lieti già ora, per il semplice fatto di sperare. Detta così sembra facile, ma è davvero così l' Avvento di quest'anno per noi cristiani? Un mondo senza pace è un mondo triste. Perché rallegrarsi se c'è la guerra in Iraq? Perché rallegrarsi quando la maggioranza delle notizie dei telegiornali sono brutture mondiali? Santa Teresa d' Avila aveva ragione quando ha scritto: se "un Santo è triste è un triste Santo", cioè un cristiano triste sarà un triste cristiano. La tristezza non ci dominerà se sappiamo essere padroni dei nostri sentimenti. Bello leggere pure il pensiero spirituale della Beata Madre Teresa di Calcutta: "Il vero amore è un sentimento che sebbene provochi dolore e ci faccia soffrire, ci rende felici". Se non c'e serenità, pace, umanità e felicità sul nostro volto, non ottemperiamo al comandamento cristiano della gioia: Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi". Condizione essenziale per rallegrarsi nel Signore è avere uno spirito evangelico da poveri, cioè essere uomini e donne senza alterigia e superbia, ma umili, affabili, altruisti. La gioia evangelica da sola rappresenta la grande fetta del "rallegramento" con Dio da parte di gruppi cristiani più impegnati nella evangelizzazione. La felicità e la gioia evangelica, anche in mezzo ad un mondo di grande carenze e lacunose contrarietà, sono la parte viva che ereditiamo dal Signore e, attraverso la quale, i gruppi cristiani più impegnati nel Vangelo possano essere di aiuto ai poveri. Proprio per rispettare il principio inconfutabile della giustizia sociale. Se esistesse la fabbrica della gioia e della felicità faremmo chissà quali pazzie per comperarne una dose abbondante di tutt’e due, ammesso e non concesso che tutti avessero dei soldi per comprarle. La manifattura della gioia e della felicità terrena si "fabbrica" con la costante preghiera ed il coraggio di pregare Dio.
Poi, se la
nostra attesa è pari ad un totale fallimento durante questo periodo d'
Avvento, vuol dire che ci siamo distaccati da qualcosa che qualcuno
considera tutto suo. |
Meditazioni: «Rallegratevi sempre nel Signore… rallegratevi», Vincenzo La Gamba - America Oggi, New York, Domenica 12 Dicembre 2004 - Terza di Avvento