Meditazioni

Non l’eloquenza, ma la capacità di comunicare

 

di Vincenzo La Gamba

È uno dei brani evangelici che passa dal silenzio alla parola, ovvero ad un sordomuto
si "scioglie il nodo della lingua per parlare correttamente", perchè guarito da Gesù, che, dopo avergli posto le dita nelle orecchie, con la saliva gli toccò la lingua esclamando "Effata", che significa "Apriti!".

A volte rifletto: come la "Parola" può essere proclamata, se uno non ha il dono di parlare e sentire?  Un sordomuto può essere scusato, perchè può solamente leggere la "Parola", ma non proclamarla. Noi non siamo handicappati, ma molte volte, se chiamati in causa, non siamo in grado di pronunciare e proclamare la "Parola di Gesù".

Vivere è come percorrere la stessa avventura del sordomuto: ognuno è un uomo che non sa parlare, un uomo che non sa ascoltare. Penso alle nostre sordità, all' insignificanza delle nostre parole e dei nostri messaggi. E ne comprendiamo le cause.

Penso pure che si fa finta di ascoltare, oppure ascoltare a "mezzo orecchio". E qui la parola si fa dura e vuota.

In quante famiglie si parla tra sordi?  In molte. Quante coppie vivono sotto lo stesso tetto e dialogano tra sordi, cioè non hanno una esemplare relation-ship matrimoniale?  Numerosissime. Quante nazioni ascoltano a "mezzo orecchio" e non si preoccupano per la pace nel mondo perchè c'è sempre una controparte che non vuole sentire, ascoltare chi la guerra la vorrebbe evitare? La maggior parte di esse.

Sembra strano, ma chi non sa ascoltare perderà la parola, perchè parlerà senza toccare il cuore dell' altro.  Ma è anche vero che guariremo tutti dalla povertà delle parole solo quando ci sarà donato un cuore che ascolta.

È ciò che fa Gesù: porta in disparte il sordomuto, lo tacca con le sue dita e lo guarisce. Vorrei pensare che Gesù facesse la stessa cosa con noi, se siamo sordi con Lui. Vorrei pensare che ci tocca e ci restituisce il dono di ascoltare e di "parlare correttamente", che, in definitiva, non si tratta di parlare con eloquenza, ma si tratta di avere una nuova capacità di comunicare, di quasi indovinare quella "Parola", che tocca il nervo della vita per poi dare un senso alla stessa vita.

Gesù ripete costantemente: "Effatà".  Ma siamo noi pronti ad uscire dal nodo dei nostri silenzi e di paure; siamo in grado noi di aprire ed accogliere il senso della vita spirituale, spalancando le porte a Cristo?

Riflettendo bene se siamo sordomuti a Cristo, non scopriremo mai un Dio, che "gioisce e ride con l' uomo davanti ai caldi giochi del sole o del mare".  Così scrisse Pier Paolo Pasolini, il tormentato scrittore-regista degli anni sessanta.

IL Vangelo si conclude ... e "comandò loro di non dirlo a nessuno”.

Gesù aiuta e non "vuole" che altri sappiano che Lui è il Figlio di Dio, che fa miracoli. Per Gesù è importante la gioia del sordomuto, che non la sua gratitudine.

 

Meditazioni: «Non l’eloquenza, ma la capacità di comunicare»,  Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 10 Settembre 2006 -  XXIII.ma Tempo Ordinario