Meditazioni

L'amore per Dio e l'amore per il prossimo
vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici
 

di Vincenzo La Gamba

“Ama il Signore tuo Dio..."; "ama il prossimo...". Questo è il messaggio della liturgia odierna e l'essenza dell'amore cristiano. Questo è il comandamento più grande di tutti (primo: amore verso Dio, secondo: amore verso il prossimo), ci dice Gesù nel Vangelo odierno.

Nella prima lettura, il popolo di Israele confessa la sua fede nel Dio unico e, a partire da essa, professa il suo amore totale ed esclusivo a Javeh. Gesù Cristo manifesta ciò che insegna offrendo se stesso al Padre per la salvezza degli uomini e intercedendo nel cielo a nostro favore.

Un amore "nuovo". La risposta di Gesù allo scriba che gli ha domandato quale, tra i 613 comandamenti che esistevano al suo tempo, era il primo e più importante, è tratta dall'Antico Testamento.

La novità dell'amore cristiano non si trova nel contenuto, già conosciuto e rivelato da Dio. La novità si fonda sull'unione indissolubile tra entrambi i comandamenti, facendone di essi uno solo: "Non esiste altro comandamento -(si faccia caso all'uso del singolare)- più grande di questi". L' amore a Dio e l'amore al prossimo non sono due puledri che corrono ciascuno per conto suo nello stadio della vita. Essi sono piuttosto, aggiogati al medesimo carro, sul quale l'uomo corre attraverso la storia e l' attraversa in marcia verso il suo destino e il suo fine nell' eternità. Affinché sia cristiano, questi due amori debbono giungere a costituire un unico amore inseparabile. Questo amore cristiano è "nuovo".

Un culto "nuovo". Lo scriba, facendosi eco delle parole di Gesù, replica: "L'amore per Dio e l'amore per il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici", secondo il vangelo odierno di Marco.

Un culto "nuovo" sembra insinuarsi in queste parole; un culto, dove gli olocausti e i sacrifici non valgono per se stessi, ma solo in quanto espressione di amore e in quanto predisposizione per l'amore sia a Dio sia al prossimo, o forse meglio, a Dio nel prossimo e al prossimo in Dio. In questo senso, non importa che il tempio di Gerusalemme scompaia, sia distrutto, perché, dove esiste l'amore vero, l'amore "nuovo", potrà continuare il culto "nuovo", nel quale le vittime non saranno gli animali (tori e capri) ma l'uomo, nella profondità del suo essere e della sua persona. Questo culto "nuovo" non ha bisogno di molti sacerdoti (nel tempio di Gerusalemme c'erano quotidianamente centinaia di sacerdoti che esercitavano il proprio ministero), ma di uno solo, Gesù Cristo, sommo ed eterno sacerdote davanti al Padre per redimere gli uomini. I sacerdoti della nuova alleanza non aumentano il numero, ma prolungano nel tempo l'unico sacerdozio di Gesù Cristo.

Parafrasando sant'Agostino, il tempio "nuovo", in spirito e in verità, esige anche un culto "nuovo", in spirito e in verità; il culto "nuovo" reclama un cuore nuovo, che canti, sì, un cantico "nuovo" con le labbra, ma soprattutto con la vita.

 

Meditazioni: «L'amore per Dio e l'amore per il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici»,  Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 5 Novembre - 2006 -  XXXI.ma Tempo Ordinario
 

Vangelo quotidiano: Domenica 5 novembre 2006

Mc 12, 28-34
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio« E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.