Meditazioni

"Rendete a Cesare quello che è di Cesare
e a Dio quello che è di Dio"

Gesù non appare mai come "Rivoluzionario" politico, perché rifiutò sempre il messianismo temporale. Nella Sua risposta sul tributo a Cesare, Gesù non sacralizza l'autorità di chi comanda, ma ne riconosce il diritto e presenta l'obbedienza come un dovere dei cittadini

 

di Vincenzo La Gamba

"Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è Dio", è passata alla storia come una delle frasi più celebri, ricevendo interpretazioni diverse secondo epoche, percezioni e ottiche diverse.

La soluzione che Gesù dà nel Vangelo odierno, narrato da Matteo (22,15-21), dopo una sibillina domanda fatta da malevoli interlocutori  - nella fattispecie farisei ed erodiani - che gli hanno detto "È lecito o no pagare il tributo a Cesare?", non contrappone Cesare a Dio.  Alcuni pensano che i due estremi della frase, cioè Dio e Cesare, sono come due opposti che si "annullano" a vicenda. Non è proprio così. Anzi.  Gesù afferma dei doveri complementari, che non si escludono a vicenda, perché "il dare a Dio quello che è di Dio" viene prima, e da qui ne deriva anche il fondamento e l' obbligo di "dare a Cesare quello che è di Cesare".

Quando io ho visto per la prima volta il dollaro con la scritta: " In God we Trust", mi sono sempre chiesto se i padri fondatori degli Stati Uniti avevano in mente proprio quello che ho affermato sopra, cioè Dio viene prima del dollaro.

Ma è cosi? Purtroppo no! Nella nostra globale società consumistica sicuramente viene prima il Dio dollaro; poi Dio.

Se si vuole, poi, trasferire la questione tra Chiesa e Stato, nessuno dei due termini sarebbe assoggettato all' altro, ma entrambi sono assoggettati a Dio, checché ne dica una piccola percentuale di atei, agnostici e non credenti americani, che ogni tanto cercano di mettere a soqquadro la Costituzione Americana, così come si vuole insinuare che la "Pledge of Alliance", imparata agli studenti fin dalla piccola età a scuola, non dovrebbe contenere nessuna referenza a Dio.

Andiamo per ordine:  Cesare e Dio, significano potere temporale  rispetto a potere spirituale; senso politico  rispetto a quello religioso; autorità civile al regno di Dio.

Se riconosciamo l'autonomia delle cose terrene e del potere civile, stabiliamo, quindi, una gerarchia che mette prima Dio e poi Cesare.

In altre parole, ognuno ha il suo posto con la dovuta subordinazione al regno di Dio, che ha sempre il primato.

Viene spontaneo affermare che per definire la condotta di noi cristiani nella società in cui viviamo, è di prestare attenzione all' esempio e all' azione di Gesù, perché, come tutti sappiamo, anche Lui, pur essendo Figlio di Dio, fu cittadino di uno Stato.

Davanti all' autorità, Gesù mantenne sempre un atteggiamento di lealtà, anche se critica più delle volte, non perché fu uno dei più grandi "rivoluzionari" dell' umanità intera, ma perché, in definitiva, adempiva alle osservanze fondamentali della legge mosaica: celebrava la Pasqua, frequentava la Sinagoga, andava al Tempio e ne pagava il tributo.

Tuttavia Gesù non appare mai come "Rivoluzionario" politico, perché rifiutò sempre il messianismo temporale. Nella Sua risposta sul tributo a Cesare, Gesù, quindi, non sacralizza l'autorità di chi comanda, ma ne riconosce il diritto e presenta l'obbedienza come un dovere dei cittadini; per questo acconsente a pagare il tributo.
Sono, dunque, serviti tutti gli atei che, qui, in America, sfidano le istituzioni per potere eliminare la parola "Dio" nei testi di dominio pubblico.  Invece resta a noi, dopo 2011 anni, la "parola di Dio", che si moltiplica nei secoli, anche ancora in Cina,India, Cuba ed in altri angoli della terra dove esiste la dittatura, Dio c'è ma viene vietato di essere venerato e pregato in Chiesa, anche se, molti di fede cattolica lo fanno di nascosto.

Nulla e' cambiato e nulla cambierà se a Cesare spetta la moneta e a Dio la persona!  Noi mortali dobbiamo  "restituire" noi stessi a Dio. Dobbiamo restituire la nostra vita, facendo brillare l' immagine coniata in noi, finalmente uomini e donne. Restituiamo a Dio quel che è di Dio, parola che dice a Cesare: non puoi prendere l' uomo o la donna. Essi appartengono solo e solamente a  Lui, al nostro Dio!

 

La Liturgia di oggi Domenica 16 Ottobre 2011,  XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Vangelo (Mt 22,15-21)
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

 Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
 

La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «"Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Gesù non appare mai come "Rivoluzionario" politico, perché rifiutò sempre il messianismo temporale. Nella Sua risposta sul tributo a Cesare, Gesù non sacralizza l'autorità di chi comanda, ma ne riconosce il diritto e presenta l'obbedienza come un dovere dei cittadini» New York, www.galatro.org, La Liturgia di oggi Domenica 16 Ottobre 2011,  XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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