Così sta scritto:
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di Vincenzo La Gamba Anche in questa terza domenica dopo Pasqua si narrano i fatti della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. L'insistenza non è casuale: la Chiesa continua a ricordarci che ogni domenica è Pasqua e che Gesù torna e parla a ciascuno di noi, come fece con i due seguaci di Emmaus. Ogni domenica il Signore ci raccoglie, apre la nostra mente all'intelligenza delle Scritture e riscalda i nostri cuori. Di questo vangelo - dice Gesù ai discepoli di ogni tempo - "voi siete testimoni". Con il Vangelo di oggi continua l' episodio dei discepoli di Emmaus che, tornati a Gerusalemme, raccontano al gruppo dei discepoli il loro incontro con Gesù Risorto. Ai discepoli pare di avere confuso Gesù come un fantasma. E sapete perchè? Si sono detti: l' abbiamo visto soffrire e morire. L' abbiamo visto seppellito e adesso ci compare così? Pensano seriamente che si tratti di un'allucinazione collettiva. Cari fratelli e sorelle in Cristo bisogna partire proprio da questa mancata accoglienza, vestita di stolto realismo, per comprendere l'odierna pagina evangelica. Andiamo per ordine: siamo anche noi assieme ai discepoli quella sera di Pasqua, stupiti e spaventati. Anche noi pensiamo tante volte che il Vangelo sia una specie di fantasma, ossia che si tratti di parole astratte, lontane dalla vita, belle ma impossibili a vivere; e ne abbiamo anche paura perché pensiamo che siano troppo esigenti, che chiedano sacrifici, che propongano rinunce, che pretendano una vita poca felice. Ma la Parola é sempre attuale e Gesù ci consola ogni giorno. Nell' odierno Vangelo Gesù cerca di rassicurare i suoi discepoli: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?" Guardate le mie mani e i miei piedi: sono io! Toccatemi e vedete; uno spirito non ha carne ed ossa come vedete che io ho". Mentre parla in questo modo, mostra loro le mani e i piedi segnati ancora dalle ferite dei chiodi. Gesù mostra la realtà concreta del suo corpo ferito. E forse l'ultima ferita - questa volta tocca l'anima - gliela stanno infliggendo proprio in quel momento i discepoli con la loro inaccoglienza. Nella perplessità dei discepoli notiamo pure che la fede ha una fascia di "chiaroscuro", che si colloca tra il dubbio e l' abbandono. Rivisitiamo quanto scritto nella Lettera agli Ebrei: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb 11,1). Basterebbero queste sole parole per convertire non solo quelli che non hanno fede, ma coloro che si fanno passare per credenti, ma di fede ne hanno ben poca. Però e' vera una cosa: come è difficile credere, quando vi sono dei dubbi! Perché vedete, alla fede non ci si arriva per deduzioni logiche o argomenti decisivi. La fede sarebbe una materia scientifica. Alla fede invece ci si arriva con il completo abbandono, la fiducia totale in Dio e quell' incontro intimo con Dio per accettare Dio per mezzo della Sua Parola. Mettiamoci dentro l' equazione della fede, il cuore, che a volte, ha le sue ragioni che la ragione non conosce, per cui è sempre il cuore, e non la ragione, che sente Dio. Fondamentalmente avere fede significa impegnarsi gioiosamente con Dio. Credere è vivere la vita con spirito pasquale, cioè come risurrezione perenne e costante nascita alla vita nuova di Dio. È convertirci radicalmente a Dio cambiando la rotta della nostra vita e dando ragione della nostra speranza, malgrado l'ingiustizia e il dubbio. Perché la conversione, come il credere, è compito di ogni tempo, incluso quello pasquale.
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La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno. Anche noi siamo, come i discepoli la sera di Pasqua, stupiti e spaventati» New York, www.galatro.org, La Liturgia di oggi Domenica 22 Aprile 2012, III DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) |
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