Meditazioni

"Ragazzo, dico a te, alzati! "

 

di Vincenzo La Gamba

 

L' odierno brano evangelico tratta la morte di un giovane e la morte in tale età è sempre un fatto tragico. Per di più figlio unico e sua madre era anche vedova. Diceva mia sorella che sono "quasi" sempre i figli a seppellire i genitori e non il contrario! Come a dire: piove sul bagnato in questa immagine di una giovane morte.

In aggiunta la dimensione di questa tragedia è amplificata pure dal fatto che l’unica ricchezza di una vedova – che non poteva più contare sul marito, cosa grave soprattutto in una società patriarcale com’era quella di allora – e l’unica sicurezza per il suo futuro e per la sua vecchiaia era proprio quel figlio, unico. Ella quindi rimane senza protezione e senza appoggio economico. Può essere, tale donna, ben ascritta tra gli ultimi, donna provata nei sentimenti, negli affetti, nella sua condizione sociale ed economica, nel suo futuro, nella speranza, nel senso della vita…

E’ singolare come l’autore del Vangelo non ci dica nulla sui sentimenti delle varie persone. Non sappiamo, ad esempio, se la madre pianga, gema, soffra; se i presenti si profondano in lamenti, in consolazioni, oppure quali pensieri agitino le loro menti... Ciò non certo perché se ne scordi, bensì per il fatto che, lasciando tale vuoto, ottiene l’effetto di dar maggior risalto a ciò che è più importante: i sentimenti di Gesù. Quindi tale silenzio nella narrazione è voluto per manifestare la compassione e l’agire del Cristo.

Come nel brano precedente  l’iniziativa appartiene a Gesù. Se egli avesse continuato la sua strada, senza fermarsi, nessuna di queste persone avrebbe potuto conoscere la speranza e la gioia. Gesù quindi vede la scena, se ne accorge e, passando, si ferma (ricordiamo la parabola del buon Samaritano, ove questi è l’unico a fermarsi – Lc 10 -).

La trama comincia qui, con il fatto che Gesù (v. 13) vede la scena del corteo funebre e al suo sguardo segue la parola e l’azione. Il suo è un vedere diverso, uno sguardo che non resta indifferente di fronte alla miseria, né che si ferma alla compassione o ad una parola di semplice conforto o incoraggiamento, ma è la visione che si fa carico della situazione, che motiva l’incontro, la relazione, l’agire e che ricrea le condizioni di vita vera.

E’ lo stimolo per ognuno di noi…

Inoltre il camminare di Gesù è significativo. Egli si trova in viaggio e sulla sua strada incrocia quella del suo popolo, degli ultimi, che vuole aiutare. Tali incontri diventano talmente frequenti che potremo considerarli costitutivi del suo ministero, del suo agire, del suo cammino. Come a dire oggi a noi - credenti in Cristo, che camminiamo sulla strada verso Dio - che la nostra strada, la strada cioè della nostra vita, non può non incrociare gli ultimi, pena essere su una strada solo nostra, una strada diversa da quella del nostro Signore…

Lo sguardo di Gesù non si rivolge al figlio defunto, ma alla donna: non è la morte che provoca la sua compassione, ma la madre cha piange. Pertanto questa vedova diventa significativa, nel contesto della narrazione, in quanto destinataria dello sguardo e della parola di Gesù. E da ciò capiamo che la sofferenza della madre è insopportabile per il Signore.

Questa brano quindi ci presenta Gesù come un profeta, un Messia straordinariamente interessato ed appassionato verso le persone più infelici, più misere, verso gli ultimi, manifestando la misericordia di un Dio che si prende cura di bisogni sia fisici che spirituali dell’uomo. Per esprimere la compassione riferita a Gesù, Luca utilizza il verbo splagcni,zomai, che ha a che fare con le viscere (in greco spla,gcna), considerate sede dei sentimenti intensi; egli utilizza questo verbo altre due volte: nella parabola del buon Samaritano (Lc 10,33) ed in quella del padre misericordioso (Lc 15,20).

Gesù poi si accosta alla bara: egli non ha timore delle convenzioni sociali, non ha paura di contrarre impurità rituale, avvicinandosi ad un cadavere; è ben più importante promuovere la vita, dare attenzione alle persone e consolare una madre in lutto che osservare una legge esteriore. Egli manifesta così la priorità dell’uomo su ogni convenzione, su ogni comportamento socialmente accettabile, su ogni regola di buona educazione, su ogni considerazione pubblica. E per prima cosa si rivolge alla madre: “non piangere”.

Ora Gesù non si ferma alla compassione; Egli ha anche il potere di cambiare gli eventi. Dice al giovane di alzarsi. Il verbo greco utilizzato può alludere anche alla risurrezione di Gesù, ma può essere visto per noi oggi come l’irrompere della Parola, la Parola di Gesù, di Dio, che è potenza di resurrezione. Una Parola quindi che può creare vita nuova in coloro ai quali viene rivolta.

“Ed egli [Gesù] lo diede alla madre”. Con questo gesto il Signore ridona la loro identità alla madre e al figlio: infatti la morte aveva spezzato questo rapporto (il figlio non era più e la madre non poteva più esser tale senza il figlio unico), ma Gesù lo ristabilisce. Ciò sottolinea due aspetti: da un lato nuovamente la potenza della Parola, che opera anche questo; dall’altro il fatto che l’agire di Dio è più potente anche della morte e che come restituisce il figlio alla madre, così il Signore può restituirci una nuova esistenza nella fede.

Dopo di ciò, il Vangelo ci riferisce che “tutti” glorificavano Dio. E’ questo un effetto dell’azione di Gesù: prima vi erano due gruppi, numerosi, ben diversi e distinti, che andavano in direzioni opposte, con opposti sentimenti; due gruppi che non si conoscevano e che non avevano motivo di comunicare tra di loro. Ora invece si forma un’unica folla, riunita ed unificata dalla lode a Dio. Tale folla si riconosce e comunica con il linguaggio del rendimento di grazie. L’agire di Gesù pertanto riunifica gruppi diversi, estranei, forse anche distanti tra loro e permette di creare armonia, comunicazione ed unità.

 

La Liturgia di oggi Domenica 9 Giugno 2013,  X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Vangelo (Lc 7,11-17)
Ragazzo, dico a te, alzati!

 

 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «Ragazzo, dico a te, alzati! » New York, www.galatro.org, La Liturgia di oggi Domenica 9 Giugno 2013,  X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

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