Dio non è dei morti, ma dei viventi
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di Vincenzo La Gamba
La parola essenziale dell' odierno brano evangelico é l' esser vivo. Così infatti é scritto:"Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui!". Certamente la referenza é una: il mistero della Risurrezione di Cristo dopo la sua morte su cui poi se si pensa al contrario. Il vero cristiano porta nel suo intimo l'aspirazione all'immortalità perché rifiuta di morire completamente. Essenzialmente se uno crede nel Dio dei vivi anch' egli vivrà in eterno pur se l'esistenza di un cristiano, come quella del resto dei mortali, è un intreccio di preoccupazioni, miserie, difficoltà di ogni genere. Ma se analizziamo bene, l' amore che Dio ha per noi e che ci ha manifestato in Cristo è "una consolazione eterna e una buona speranza", come dice san Paolo nella seconda lettura odierna. Bisogna credere come San Paolo perché egli non era uno degli Apostolati ma un convertito che ha creduto nel Dio vivente. Ma crediamo tutti nel Dio dei vivi? Crediamo essenzialmente nel Dio dei vivi se per tutti noi la fede è ricerca, non stanca abitudine; desiderio abbinato al dovere e preghiera. Crediamo nel vivo Dio, se ci lasciamo incontrare come Zaccheo (vangelo della scora settimana) oppure convertirci come Paolo, per cui, dopo il suo incontro, nulla è più come prima. Crediamo in un Dio vivo se accogliamo la Parola nella sua essenza, la mettiamo in pratica e la stessa parola deve darci risposte, una volta che ci poniamo degli interrogativi. Questo é il punto saliente: avere degli interrogativi . Se non li avessimo non capiremmo mai se Dio è vivo in noi, cioè non crederemmo al Dio dei vivi che ci insegna a vivere e perdonare. Siano tutti noi vivi, quindi, se abbiamo imparato ad andare dentro, se non ci lasciamo ingannare dalle lusinghe vane che ci promettono felicità se possediamo cose materiali, terreni, soldi, macchine di lusso, ma soprattutto se questa vita ha un trucco da scoprire. Già lo disse San Paolo: "Ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15, 17s). Quindi la certezza della nostra risurrezione è in Cristo risorto. Se egli è morto per farci figli di Dio e darci nuova vita attraverso il Suo spirito, questa vita deve essere eterna. Questa è la fede della Chiesa: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà". Siamo quindi pieni di ottimismo? Certo che si, se crediamo nel Dio dei vivi. Ma è anche vero che il credente maturo, cioè l' autentico cristiano, è un ottimista per necessità. Poichè, per quello che si riferisce al passato, confida in Dio. Invece per quel che riguarda il futuro, ha fede in Qualcuno che è più forte di Lui per vincere la miseria, il male e la morte. Per quanto concerne il presente, affronta la vita con fede, malgrado l' esistenza sia una continua sfida a tutti i livelli: nella crescita e nella maturità personale, nell' ambito familiare, nei rapporti con il prossimo, nelle relazioni di lavoro con gli altri. Accettare il Dio dei vivi è come "volere" un Dio dei vivi attraverso una fede che diventa possibilità di esperienza, diventando vita nuova. La conclusione è questa: se vogliamo diventare discepoli di un Dio vivo, allora bisogna vivere da vivi!
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La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «Dio non è dei morti, ma dei viventi» New York, La Liturgia di oggi Domenica 10 Novembre 2013, XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) e-mail: VJIM19@aol.com |
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