Meditazioni

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette

 

di Vincenzo La Gamba

 

Domenica 17 Settembre, 2017 - XXIV.ma di TO

Sei giorni fa abbiamo ricordato il sedicesimo  anniversario del crollo delle due torri gemelle.  Sembra ieri, ma sono trascorsi ben sedici anni. Il Vangelo odierno di Matteo calza bene nella triste occasione, che porta alla memoria solo cose penosamente tristi.

Pietro chiede a Gesù: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte sette?"  E Gesù risponde: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". In altre parole, sempre.

 

Andatelo a dire ai familiari delle quasi tre mila vittime o anche a quelli che attuano il detto del Vecchio Testamento:  "occhio per occhio, dente per dente!”

 

Il Vangelo odierno è facile da capire nella linea narrativa, ma il suo insegnamento è abbastanza difficile da mettere in pratica, soprattutto quando la fede e l'amore sono deboli e, invece, lo spirito di vendetta, l'odio pieno di rancore e l'aggressività innata sono forti.

 

È il perdono un atteggiamento da vili?  Ci costa molto perdonare e rompere il circolo vizioso dell'odio e della vendetta? Ci sono momenti in cui, anche con la migliore disposizione di animo, uno esclama: "Questo è troppo; adesso non ne posso più! È mai possibile che essendo di animo buono, passo pure per stupido?"

 

Siamo tentati di dare una dimostrazione di forza davanti all' insulto, alle tragicità della vita, agli attentati terroristici, alle calunnie e alla mancanza di considerazione. La cosa più normale per noi (ed anche la più facile) è vendicarsi quando si può o, almeno, conservare rancore in attesa di poterlo fare. La vendetta è il piacere dell'offeso e l'odio carico di rancore è l'unica ricchezza certa del più debole.

 

L'America è andata a combattere ed e' ancora impelagata in Afaghanistan ed in Iraq.  Sono morte migliaia di persone, tra civili, militari statunitensi ed alleati. Si combatte ancora e chissà quanto dureranno queste due guerre.

 

È difficile entrare nel merito per chi è patriota americano o chi è genitore o parente delle tremila vittime dell' 11 settembre.

 

La Chiesa e, con essa,  il compianto Giovanni Paolo II, ha dimostrato fortezza, pieno convincimento degli  insegnamenti evangelici.  La Chiesa crede nel perdono non nella violenza e non certamente alla guerra o alle guerre.

 

Un esempio su tutti accaduto nei nostri giorni é stato quando  Papa Giovanni Paolo II ha perdonato l'assassino, che gli sparò, in Piazza San Pietro, quel 13 maggio 1981.

 

Ma voi direte: "Bene. Il Papa ha perdonato Alì perché è il Papa e, quindi, deve dare l'esempio!" Poi aggiungerete: "Perdonare non è tanto facile".   Voi direte che non è giusto perdonare. Ma se non condividete questo, significa che non siete buoni cristiani. D'altro canto chi riceve un torto non ha torto, ma ha torto colui che ha fatto un torto all' altro.

 

Dobbiamo sempre percepire che il Vangelo è la “Parola" della fratellanza nella strada, negli uffici, nel vicinato e nella comunità in cui viviamo.

 

Il Vangelo non insegna gesti di vendetta e di rancore, ma predica la misericordia di Gesù nella nostra vita, sapendo di essere conciliati con Dio per mezzo di Cristo Gesù. Se la Chiesa ci insegna che é giusto perdonare é perché  il dono del perdono é una delle cose più belle della nostra religione.

 

La Liturgia di Domenica 17 Settembre 2017, XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Vangelo
(Mt 18,21-35)
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette
 

 

 Dal Vangelo secondo  Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

La Gamba Vincenzo M. - Meditazioni: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette», New York, La Liturgia di Domenica 17 Settembre 2017, XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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