Il buon pastore dà la propria vita per le pecore
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di Vincenzo La Gamba
Domenica 22 Aprile, 2018 Il Vangelo odierno, raccontato da Giovanni, parla del Buon Pastore che offre la vita per le pecore. Nell' immagine della parabola, oggi la nostra preghiera è rivolta al Padrone della messa per le vocazioni sacerdotali e consacrate a Dio ed al servizio del popolo cristiano. In alcuni luoghi d'Italia si celebra anche il giorno della parrocchia e di conseguenza del parroco. Seguendo la figura di Gesù possiamo riassumere le caratteristiche del pastore della comunità religiosa. Innanzitutto è Gesù che sceglie i capi del nuovo popolo di Dio. I sacerdoti sono Apostoli e la loro funzione di guida assieme al loro mistero di unità non cesseranno mai, perchè la Chiesa avrà sempre bisogno di un ministero di unità con Dio. Anche quando si è in crisi ci sarà sempre l'intervento dello Spirito Santo che saprà indicare la via giusta e migliore per la Chiesa. Partiamo, quindi, dal fatto che al sacerdote si chiede di essere cristiano di profonda fede. Poi si chiede di essere il primo seguace di Gesù per camminare con Lui davanti alle sue pecore, come esempio di virtù evangeliche. Egli deve essere soprattutto un disinteressato dispensatore dei misteri di Dio nei sacramenti, senza desiderio di protagonismo, nè tantomeno di spirito di dominio. Il sacerdote, nella sua funzione di animatore della fede cristiana, non ha altra scelta che condividere la sua fede con la comunità dei fedeli come servitore di Cristo e divenendo disponibile sarà solidale con i poveri e con quelli che soffrono. Aggiungiamo pure che il sacerdote deve: "Predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino" (LG 28). Questa fedeltà riassume tutto quello che precede. Fedeltà a tre dimensioni: a Cristo Pastore e Sacerdote, al Suo messaggio di salvezza e agli uomini Suoi fratelli. Ancora: il sacerdote è teologo, mediatore tra Dio e l' uomo, chiamato a vivere la propria esistenza per gli altri. Tuttavia è facile esigere dagli altri ed in particolare dal sacerdote, al quale spesso si chiede troppo e viene criticato senza pietà, dimenticando che anch' egli è essere umano, soggetto, quindi, a delle debolezze. La forza del sacerdote sta proprio nella sua debolezza: è il suo servizio all'unità, il suo esistere per gli altri senza dovere accontentare i gusti di nessuno, che lo rende credibile. Nella nostra società, che è spesso una folla di solitudini, un' esistenza donata per l'unità e la riconciliazione, si offre come una possibilità di rinascita, un segno di contraddizione, aggiungiamo noi, sovversivo e liberante. Nei tempi in cui viviamo essere sacerdoti è un'arma a doppio taglio, nel senso che ci sono quelli buoni (la stragrande maggioranza) e quelli meno buoni (una sparuta minoranza, che comunque non dovrebbe esserci). Ma un cristiano maturo dovrebbe capire che la sua fede non dipende dal fatto se i sacerdoti siano migliori o peggiori, buoni o meno buoni, dotati o meno dotati, ma dipende dal Signore che ha chiamato anche lui e la sua famiglia. Già l' Apostolo Paolo avvertiva: "Ora nè chi pianta nè chi irriga è qualcosa, ma Dio che fa crescere.... Siamo infatti collaboratori di Dio" (1 Cor 3,7). Di un seminarista, che poi divenne sacerdote di quelli "buoni", ho uno scritto che dice: "Ho cercato Dio con la mia lampada così brillante/ che tutti le la invidiavano. Ho cercato Dio negli altri/ nelle piccolissime tane dei topi, nelle biblioteche, nelle università. Ho cercato Dio col telescopio e con microscopio. Finchè mi accorsi che avevo dimenticato quello che cercavo. Allora, spegnendo la mia lampada, gettai le chiavi e mi misi a piangere..... e subito, la Sua Luce fu in me".
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La Gamba Vincenzo M. - Meditazioni: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» New York, La Liturgia di Domenica 22 Aprile 2018, IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)
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